“Perché il sangue dei bambini palestinesi deve valere sempre meno di quello degli altri bambini di tutto il mondo?”. Lo chiede Yousef Hamdouna, palestinese, nel corso della conferenza stampa organizzata a Roma da Amnesty International e dall’Associazione delle organizzazioni italiane sull'”Emergenza a Gaza: proteggere la popolazione civile, stop alla violenza. Yousef racconto l’inferno che stanno vivendo i suoi connazionali da settimane. “La domanda che si fanno i cittadini della Striscia è la seguente: a quanti morti dobbiamo arrivare per porre fine a tutto ciò? Cosa deve succedere ancora? A Gaza chi non muore per le bombe, muore per l’assenza di medicine e di cibo. I medici in ospedale devono scegliere chi salvare”.

Poi riporta la testimonianza di un suo amico, disabile, che vive a Gaza. “Sotto le bombe si fanno scelte anche terribili”. Come quella di Khaled Abdelkareem, operatore umanitario di EducAid Palestina. “Mi chiamo Khaled. Sono un rifugiato palestinese, una persona con disabilità e padre di bambini con disabilità. I miei figli non sono con me ora, li ho mandati lontano, in un altro luogo, a Rafah, penso sia più sicuro -dice nel video diffuso dall’associazione- Ho mandato via i miei bambini perché non voglio che muoiano davanti a me o che io muoia davanti a loro”.

Yousef Hamdouna aggiunge: “Il mio collega disabile Khaled ha scelto di lasciare i suoi figli e stare da solo a casa per permettere loro di scappare più facilmente. Mi ha detto: ‘Yousef, diciamoci la verità, fanno fatica le persone senza disabilità a sopravvivere, figurati io, non posso scappare. Almeno i miei figli li tengo da un’altra parte'”. Lo stesso Hamdouna, che opera in Palestina per EducAid, era in Italia per una missione di lavoro quando sono iniziati i bombardamenti nella Striscia, dove vivono i suoi familiari. “A Gaza stare sotto le bombe significa aspettare il tuo turno, questa è la verità. È una situazione che non si può immaginare. Anche io ho vissuto sotto i bombardamenti ma faccio fatica a credere a quello che mi raccontano. Lì lo chiamano il giorno del giudizio, non hanno mai visto nulla di simile“.

Poi continua: “Abbiamo visto tanti bambini sopravvissuti e ricoverati in ospedale. Molti sono rimasti orfani, che vita faranno? Chi gli spiegherà quello che sta accadendo? A Gaza si stanno bombardando solo le case, senza distinzione. Molte persone sono sotto le macerie da giorni. Abbiamo due milioni di abitanti nella Striscia che non vogliono andare via ma voglio stare a Gaza: perché nessuno lì aiuta?”.

sa loro.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.