Un’infatuazione scattata da quando è entrata a Palazzo Chigi. Nella cerchia della premier pare si vociferi da tempo di questa liaison tra la Meloni e i servizi segreti. Secondo molti, la premier tenderebbe a vedere intrighi, complotti dietro ogni angolo e le noticine che le arrivano giornalmente su amici e nemici pare la esaltino non poco stuzzicando alcuni tratti della sua personalità.

Meloni non si fida di nessuno. E forse fa pure bene, perché non fidarsi di solito è meglio ma la sua è una diffidenza nei confronti degli altri dicono patologica, fatta eccezione per la madre e la sorella. Forse è proprio da questa mancanza di fiducia che è nato quell’amore folle e bizzarro per le intercettazioni.

Prima di entrare a Palazzo, pare che la premier fosse stata informata dell’esistenza di forme di controllo telematico di vari personaggi che ruotavano attorno al suo mondo. Si parlava di oltre 400 utenze captate. In sostanza giornalisti o politici intercettati senza le garanzie costituzionali di una indagine ma dai servizi segreti. Boom, colpo di fulmine.

E adesso con il libro scomodo di Madron e Bisignani, problemi in arrivo (forse), perché in realtà per ora tutto tace. Renzi a parte. Allusioni, anche vaghe, non certezze quelle riportate ne I potenti al tempo di Giorgia ma che scuotono un po’ gli animi e indignano qualcuno.

Ma la Meloni non è stata di certo l’unica. L’amore tossico con i Servizi l’abbiamo visto anche nel 2021. Per Giuseppe Conte sono stati come una droga. “Degli ultimi presidenti del Consiglio, Giuseppi è stato il più ossessionato dall’intelligence. Coscienti del potere che esercitavano sul premier, le barbe finte lo riempivano di notizie confidenziali su vicende personali o qualche gossip relativo a suoi amici o avversari” – commenta Bisignani su La Stampa. 

Oggi al Dis c’è Elisabetta Belloni, nominata da Mario Draghi: “la chiamavano Betty, era molto amata, ma a settembre del 2023 potrebbe andare in pensione e, a meno di sorprese, uscire definitamente dai radar istituzionali. Fintanto che c’è Meloni, però, non la tocca nessuno, e chi ha provato a metterla ai vertici di qualche partecipata, come per esempio Leonardo o Eni, è stato incenerito”.

Adesso a Belloni la premier chiede, come è prassi istituzionale, schede dettagliate su tutto e tutti, specie prima degli incontri con gli interlocutori internazionali. Ma non solo loro. Si è messa anche in testa di ridisegnare l’intelligence. Intanto Mantovano sta lavorando per modificare la legge 124 del 2007 che regola i compiti delle barbe finte. Una riforma a cui aveva cominciato a pensare anche lo stesso Conte.

Nel progetto di riordino, Mantovano gestisce i rapporti con tutti i direttori delle agenzie, coni comandanti generali del-le forze armate e di polizia. “Per sentire il loro parere su un’ipotesi di riforma, poche settimane dopo il suo insediamento, un sabato, Mantovano ha organizzato, prima volta nella storia, una sorta di “festival delle spie” con un panel condotto da Mario Sechi, ancora all’Agi, in versione Amadeus. Un appuntamento che si è poi ripetuto all’auditorium di piazza Dante, sede dei Servizi, con tutte le autorità che in passato se n’erano istituzionalmente occupate. Da Gianni Letta a Marco Minniti a Gianni De Gennaro, che si sono confrontati con i grandi manager pubblici, da Claudio Descalzi a Francesco Starace a Matteo Del Fante, e a ministri e magistrati.” conclude Bisignani.

Giulio Pinco Caracciolo

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