Il caso del senatore dem
Intercettazioni non autorizzate, su Esposito il Senato alza la testa
La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato presentato dal Senato nei confronti di pm e giudici di Torino che hanno realizzato cinquecento intercettazioni al senatore del Pd Stefano Esposito senza autorizzazione. Un caso simile a quello del senatore Matteo Renzi, ambedue tra i più gravi nella storia del Parlamento italiano e delle vicende giudiziarie che negli ultimi trent’anni hanno riguardato deputati e senatori di diversi partiti politici.
Una violazione di legge costante e reiterata, benché già un paio di settimane dopo l’inizio delle captazioni fosse chiaro che l’interlocutore telefonico di Giulio Muttoni, imprenditore piemontese del settore musicale, indagato in un primo momento addirittura come complice della ‘ndrangheta, fosse un “senatore della repubblica”, come risulta dalle relazioni della polizia giudiziaria. L’indagato non era Esposito, ma alla fine di una concatenazione di intercettazioni e di diversi filoni di indagine, finirà a processo anche lui, accusato di aver tentato di intercedere per far cancellare un’interdittiva prefettizia al suo amico imprenditore. La sequenza dei fatti è proprio quanto paventato dal ministro Nordio anche nei suoi interventi nelle aule parlamentari: l’intercettazione non come strumento di ricerca della prova, ma per la ricerca di reati, una volta individuato il bersaglio da colpire.
In questo caso è andata proprio così, e per ben tre anni, dal 2015 al 2018, quando Stefano Esposito era senatore. Senza che mai fosse richiesta, come previsto dall’articolo 68 terzo comma della Costituzione, l’autorizzazione alla Camera di appartenenza. E anche in violazione della legge numero 140 del 2003 che concede una scappatoia, nel caso di captazione involontaria e casuale del parlamentare, con una sorta di rimedio successivo e la possibilità di richiedere l’autorizzazione in un secondo momento. Nulla di tutto ciò è stato fatto nel caso di Stefano Esposito, nonostante diverse richieste avanzate nel tempo dai suoi difensori. Nessuno dei tre pm che si sono succeduti nelle diverse inchieste che si sono intrecciate, prima Paolo Toso e Antonio Smeriglio, poi Gianfranco Colace, ha mostrato di porsi il problema. Anzi, il terzo titolare delle indagini, ha valorizzato il contenuto delle captazioni della prima inchiesta, senza apparentemente porsi il dubbio della loro inutilizzabilità.
E si è spinto fino a chiedere il rinvio a giudizio di Esposito, portando a fondamento della richiesta 130 intercettazioni acquisite senza autorizzazione del Senato. E nel corso dell’udienza preliminare il pm si è alzato e ha detto: “Ma io non volevo intercettare lui” (tipica excusatio non petita), come se questo dovesse giustificare e sanare una situazione gravemente illegittima. Ancora più preoccupante il comportamento della giudice per le indagini preliminari, anche nella sua veste di gup. Perché si era impegnata ad affrontare la questione nel corso dell’udienza preliminare, cosa che si è poi ben guardata dal fare, senza neppure darne una giustificazione. Così la vicenda è finita al Senato, dove, alla lettura degli atti, il più imbufalito nei confronti degli ex colleghi magistrati era apparso Pietro Grasso, ex Procuratore Nazionale Antimafia, normalmente non considerato un campione di garantismo e che, per questo motivo, aveva anche avuto nel passato occasione di scontrarsi con lo stesso Esposito. Sarà lui a far approvare al Senato la proposta di mandare una segnalazione per l’azione disciplinare al Procuratore generale presso la Cassazione, al Ministro guardasigilli e al Csm.
Con il solo voto contrario dei soliti grillini, gli atti saranno mandati prima di tutto alla Corte Costituzionale per conflitto tra i poteri dello Stato. Dopo la dichiarazione di ammissibilità, ora la Consulta avrà sessanta giorni per entrare nel merito del conflitto. Nel frattempo però il processo sta andando avanti e la prossima udienza è fissata per il 27 aprile, quando si dovrà discutere prima di tutto dell’eccezione di nullità sulle intercettazioni da parte del difensore del senatore Esposito. E non si è ancora fatta sentire la voce del ministro Nordio sull’interrogazione presentata dal senatore Matteo Orfini, unico parlamentare del Pd a farsi sentire sulla sorte del collega di partito, il quale chiede al guardasigilli se non sia il caso di inviare un’ispezione a Torino negli uffici ella Procura della repubblica e in quelli dei giudici delle indagini preliminari.
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