L’ex parlamentare torinese Stefano Esposito, deputato del Pd nella XVI legislatura e senatore nella XVII legislatura, si distingue sui social per la posizione garantista, a sinistra: guarda all’inchiesta del Qatargate con tutte le perplessità e i dubbi che gli stessi dem non riescono a esprimere. «Sono un libero cittadino perseguitato dalla giustizia», dice. «E questo mi dà una doppia libertà di parlare».

Qatargate. Che idea si è fatto?
Conoscevo poco Panzeri e Cozzolino, ma difendo il beneficio del dubbio per due che vengono appesi per i piedi già oggi, senza uno straccio di documento processuale. Non sappiamo di che reati sono accusati. Non sappiamo se hanno mai ceduto alla corruzione. Di certo non c’è niente: si parla di servizi segreti, di accordi opachi. Di ong. Nessun atto parlamentare preso in favore del Qatar, per quanto ne sappiamo.

Dicono solo che Panzeri fosse il regista di una rete di soft power qatarino.
Adesso risulta quasi un Richelieu. Nessuno di noi lo sapeva, ma scopriamo che Panzeri era un finissimo stratega, uno che praticamente avrebbe tenuto, lui da solo, in pugno l’intero Parlamento europeo. Lui che non era più stato eletto, poteva davvero condizionare, fino a un mese fa, tutte le scelte europee in politica internazionale? Passavano per lui gli accordi di protocollo con il Qatar? Conoscendo un po’ i meccanismi, tendo a dubitarne.

Ma arriva la mannaia del Pd.
Perché ci sono articoli di stampa che riporterebbero affermazioni che direbbero: ‘Non abbiamo certezze, ma forse anche Cozzolino era vicino al Qatar’. Comunque vada a finire questa vicenda, Cozzolino è già finito. Non ci sarà modo di riabilitarlo anche se tra poco verrà fuori che non aveva alcuna responsabilità. Il Pd insegue il momento, senza con questo frenare la perdita di consensi. Quando la macchina del fango parte, non si ferma più.

Cosa suggerisce ai candidati segretario del partito?
Dobbiamo incidere nel nostro Dna che non esistono presunti colpevoli, ma presunti innocenti. Ricordo loro che coltivare il dubbio è il primo comandamento di un garantista. E invece oggi l’unico dubbio che viene coltivato è sul grado di colpevolezza dell’indagato. E per me questo è un livello di barbarie inaccettabile.

Il Pd sta diventando grillino?
Questa è una cosa che è iniziata dal 2013: rincorre la cultura grillina. Per il Pd il M5S non è una spina nel fianco, è una spina nel cuore. E purtroppo su questo terreno ha vinto quella cultura lì, e lo dico con grandissimo dolore. Lo dico con dolore: il Pd non difende mai i suoi. Nessuno dei suoi.

Vero. Ma perché, qual è la ratio?
Perché in fondo il Pd non è mai diventato una comunità. È nato da una fusione a freddo che non ha mai prodotto il calore di una comunità. È un brand, ragiona come le aziende in termini di reputazione del marchio a prescindere dalle storie delle persone che lo incarnano.

Chi viene anche solo sfiorato dalle inchieste, porta lo stigma e viene messo al bando.
Se parli con i singoli, è diverso. Ti danno tutti ragione. Però rispondono a una logica perversa, e le azioni del partito sono altre: l’abbandono, la messa al bando. Quando in un gruppo una persona ha bisogno di una mano, e invece di un braccio teso si vede arrivare una pedata, non la si può più definire comunità. Il Pd è una cordata. Quando uno può diventare un peso, perché preso di mira da un magistrato, gli altri tagliano la corda. Lo fanno come riflesso di sopravvivenza, sempre. La lista sarebbe lunga.

Qualche nome merita di essere fatto: Antonio Bassolino, Catiuscia Marini, Simone Uggetti, Filippo Penati, Marcello Pittella… Forse Nordio aggiusterà il tiro sull’abuso d’ufficio, meglio tardi che mai.
Oltre alla riforma dell’abuso d’ufficio, segnalo l’urgenza di mettere mano al traffico di influenze.

Altro mostro giuridico. Quello che ha colpito anche lei.
Il traffico di influenze in Italia può essere applicato a chiunque, per qualunque cosa. Chi ha un ruolo politico non può venir meno alla richiesta di qualche cittadino.

Sull’anarchico Cospito, leader No-Tav, lei che era il portabandiera della Tav, chiede un atto di clemenza. Perché?
Io sono stato un forte propugnatore della Tav e dai comitati ho ricevuto minacce e intimidazioni. Cospito è la mia antitesi, da un certo punto di vista. E dico che su di lui stanno sbagliando tutto. Lo Stato non può agire con cinismo e cattiveria, altrimenti i piani si invertono. Credo che Cospito sia colpevole, ma va messo in condizione di scontare la sua pena con dignità e umanità. Chiunque si dica di sinistra dovrebbe pensarla come me. Ecco, quello che mi stupisce. Che la sinistra, persino davanti al rischio che la vicenda Cospito si traduca in tragedia, perché andrà avanti con lo sciopero della fame, non dica niente. Il silenzio della politica è il segno che siamo morti noi, prima di lui.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.