Sullo scandalo che sta travolgendo il parlamento Europeo è fin troppo semplice fare la morale e puntare l’indice. Davvero qualcuno crede che se non ci fossero state le forze moderate e di sinistra al governo di Bruxelles, non ci sarebbe stato alcun Qatargate? Che ipocrisia. Oramai abbiamo imparato che ogni sistema, anche il più perfetto, ha un suo punto debole. Una fragilità i cui effetti lasciano, come sempre, basiti, sgomenti. Che feriscono perché minano la credibilità della politica e, in questo caso, i valori anche del socialismo, da sempre frutto ed espressione di una cultura totalmente diversa.

La stampa parla di “scandalo eurosocialista” dimenticando, non disinteressatamente, che la responsabilità penale è individuale; e accostando l’affaire Qatar a Tangentopoli. Sono evidentemente vicende radicalmente diverse tra loro, perché allora si decise di spazzare via con un colpo di spugna il sistema democratico dei partiti in Italia, mentre oggi siamo di fronte a ben altro. Come in passato, e questa è la vera similitudine, per la stampa, “socialisti” quando conviene. Qui non si tratta di essere garantisti o meno. E noi, prima di chiunque altro, lo siamo. Ma non si tratta di una questione puramente giudiziaria, anche perchè è, finalmente, tempo di liberarsi dal condizionamento giustizialista per cui tutto ciò che è sbagliato è reato, e ciò che non è reato è giusto.

È dunque un intero sistema che si è inceppato. E si è inceppato perché è un sistema che non è più governato dai partiti. Per quanto potessero sembrare obsoleti e macchinosi, i partiti erano capaci di difendere i valori di base per individuare e scartare gli errori di sistema. Almeno è stato così fino a quando, agli inizi degli anni Novanta, qualcuno non ha pensato che era il sistema che non andava piuttosto che alcuni suoi ingranaggi e con un colpo di mano ha fatto germogliare, nel ventre molle dell’Italia, il seme dell’antipolitica, generando formazioni politiche liquide, eterogovernate, e capetti che non rispondono più a una logica partitica ma solo alla propria coscienza (spesso non delle migliori). In Europa, con un paio di decenni di ritardo, lo stesso decadimento intacca ed erode il sistema politico, ancora una volta indebolendo i partiti.

Singoli parlamentari, in Europa come in Italia, sfuggono al rispetto delle regole e si lasciano travolgere dalle sirene del capitalismo più becero e straccione. E allora, qui non si tratta nemmeno più di resuscitare la “questione morale” di berlingueriana e ipocrita memoria; qui si tratta di riattivare regole e principi, riconsiderando i Partiti come il luogo naturale deputato alla produzione politica. E di ritornare a quei valori fondanti, per ripartire della partecipazione dal basso e ricominciare, insomma, a essere gente tra la gente. Per rigenerare gli anticorpi e liberarsi del cortocircuito che ha sovrapposto il codice penale alle regole della politica, bisogna mettere i Partiti nella condizione di ritornare a esercitare un ruolo guida a prescindere dai nomi, dagli influencer, dalla mediaticità, per restituire valore e ruolo ai contenuti, alla visione strategica sul futuro, alla capacità di risolvere i problemi. E, per la sinistra, alla volontà di ridurre il più possibile la forbice sociale.