Del denaro in casa c’era. E questa è l’unica certezza dell’inchiesta belga che va ormai sotto il nome di Qatargate. C’era denaro in casa di Francesco Giorgi, lo spin doctor. E c’era in casa della sua compagna Eva Kaili, una dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo. Così come è stato trovato nel residence dove abitava Antonio Panzeri quando era in Belgio, e in una somma più modesta a casa dei familiari in provincia di Bergamo. Dato che però possedere denaro non è un reato, adesso si aspetta che la Procura di Bruxelles tiri le fila dell’inchiesta.

Bisogna andare a monte, capire quali organizzazioni internazionali hanno dato quelle somme e per quali motivi, con quale eventuale contropartita. “Seguire i soldi” sembra la massima degli inquirenti belgi che stanno cercando di rimettere ordine nei soldi sin qui sequestrati. Il sospetto è che una fitta trama di denaro sia arrivato da Doha, per vie traverse, a sigle impegnate sul fronte dei diritti umani – e direttamente ad europarlamentari – per ammorbidire le posizioni degli organismi europei sul Qatar. In particolare, Panzeri – su cui si attende la decisione della camera di consiglio che si è tenuta a Bruxelles – è «sospettato di essere intervenuto politicamente presso alcuni deputati europei in favore del Qatar e del Marocco in cambio di pagamenti».

È stata affidata alla procura di Milano o meglio al dipartimento Affari internazionali guidato dall’aggiunto Fabio De Pasquale l’incarico di accertare i conti correnti che l’ex europarlamentare e la sua famiglia hanno in Italia. Le indagini, svolte sull’attuale segretario generale dell’organizzazione internazionale dei sindacati Luca Visentini (oltre che su Francesco Giorgi e Eva Kaili) hanno portato ad accertare – spiega una fonte – la presenza di sette conti bancari (in altrettante banche) riconducibili a Panzeri, Visentini e Giorgi. A carico di quest’ultimo, ieri, sono stati sequestrati 20mila euro trovati in una cassetta di sicurezza in un istituto di credito, le chiavi della cassetta erano nell’abitazione ad Abbiategrasso perquisita insieme a un ufficio milanese (sulla cui proprietà si mantiene il riserbo) e l’abitazione bergamasca di Panzeri. Su Panzeri o sulla sua famiglia, da quanto trapela, non si sono registrate segnalazioni di operazioni sospette da parte degli istituti di credito.

Dall’analisi dei conti correnti potrebbero emergere dettagli o legami sull’inchiesta belga che è appena all’inizio. Mentre ai legali italiani continuano a non arrivare le carte attese dagli inquirenti, la politica prende le distanze quasi fosse a conoscenza di segreti ancora inediti. Il Pd – con Elly Schlein scatenata ed Enrico Letta furibondo – si definisce parte lesa e promette battaglia. Contro chi? Quei soggetti che avessero intascato denaro illecito gettando discredito sulle organizzazioni da sempre impegnate per le giuste battaglie per i diritti. «Se le accuse fossero provate, sarebbe una offesa per le tante migliaia di persone che fanno politica senza secondi fini», dice al Riformista il deputato Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Articolo 1, il partito a cui aderisce Panzeri. Ad occuparsi del filone italiano, dalla Procura di Milano, è l’aggiunto Fabio De Pasquale, il controverso magistrato contro il quale la disciplinare del Csm ha già aperto un fascicolo per valutarne l’allontanamento ad altra destinazione.

La prossima udienza per il riesame della custodia cautelare in carcere per Panzeri e Giorgi si terrà tra un mese, a meno che i due accusati non vogliano chiedere subito la scarcerazione. Dopo il provvedimento di ieri del Tribunale di Bruxelles, che ha confermato la custodia cautelare per entrambi, i due hanno adesso 24 ore di tempo per presentare ricorso. Qualora dovessero opporsi al provvedimento, i due “compariranno davanti alla Camera d’accusa presso la Corte d’appello di Bruxelles entro 15 giorni”, si legge nella nota della Procura federale. In alternativa, il prossimo riesame della custodia cautelare si terrà a gennaio. Se i giudici belgi nella prossima udienza dovessero confermare la custodia in carcere per Panzeri e Giorgi, ha spiegato al Riformista una fonte della Procura, per l’esame successivo occorrerebbe aspettare altri tre mesi. Attendendo nel frattempo, oltre agli strali e ai disconoscimenti, di capire chi ha pagato e a quale titolo, tornando a dare al diritto a una giusta difesa e al dubbio la priorità che devono avere in ogni vicenda giudiziaria.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.