Dei 5Stelle aveva idee chiare e nette già agli albori, quando i “grillini” avevano il vento in poppa. Così in un’intervista del marzo 2014 fotografò il Movimento: «È un gruppo totalmente privo di cultura politica. Un gruppo di ignoranti. Non è una colpa morale ma certo è un grave difetto…». In un’intervista a questo giornale aveva definito i grillini dei “guappi disperati”. La conversazione era del settembre 2020. Così parlò Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, una “coscienza critica” della sinistra. Professore emerito dell’Università di Bari, Canfora è anche membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni).

Il Riformista ha pubblicato ieri l’appello di intellettuali contro il M5s nel partito socialista europeo. Appello che ha questa domanda come incipit: Cosa c’entra l’antipolitica col socialismo? Come la vede, professor Canfora?
L’antipolitica, su cui i pentastellati hanno campato bene anche se non a lungo, è l’esatto contrario del socialismo, la cui tradizione italiana è particolarmente significativa, per chi la conosce, naturalmente. Perché fu l’unica vera forza politica organizzata in partito che finalmente entrò in Parlamento. Le altre non erano partiti, erano consorterie. La tradizione democratica italiana deve molto alla nascita del Partito socialista. Si pensi che lo stesso Togliatti scrisse un opuscolo per gli Editori Uniti, una sorta di storia del Pci, che si apriva dicendo non ci dimentichiamo che noi siamo eredi del partito socialista italiano, uno dei più coerenti nel panorama del socialismo internazionale. Ci teneva a rivendicare la discendenza dal Partito socialista.

Ad annunciare il proposito del Movimento di entrare a far parte della famiglia del socialismo europeo è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Questo giornale ha titolato così un articolo di Michele Prospero: “Il socialismo è una cosa seria, non una tattichetta a uso-Letta”
Già il fatto che ad avanzare una idea del genere è Luigi Di Maio, fa sì che sia difficile prendere sul serio questa sortita. Serietà e Di Maio sono un ossimoro, agli antipodi. Peraltro stiamo parlando del teorico, se si può sprecare questa parola molto impegnativa, della tesi più volte ripetuta in tutti i talk show della terra italica per cui i 5Stelle non sono né di destra né di sinistra. Guai a dirgli, un tantino di sinistra… no, noi non siamo né di destra né di sinistra, siamo in un altro dove. Quale esso sia nessuno lo sa. Egli non sa che cosa sia il socialismo, questo mi pare evidente. O peggio ancora ritiene, anzitutto, che ciò che lui stesso dice ha una importanza relativa, come quando voleva l’impeachment di Mattarella. In secondo luogo, parla in maniera strumentale, cioè ritiene che la politica sia un baratto di qualche periferia di Napoli, di Caserta, e non un vero e proprio lavoro politico a base etica, perché la morale è la struttura portante della politica vera, non quella di compravendita. La seconda considerazione, è che ove davvero questo Movimento per ora tricefalo – hanno tre teste, Grillo, Conte, che è l’unica persona dabbene, e Di Maio – e con nessun esercito davvero si muoverà in questa direzione, perderà un po’ di pezzi ancora…

Perché?
Perché esso è composito, fatto di gente che avrebbe votato volentieri anche all’estrema destra e di gente dabbene che era stufa dell’insipienza totale del Pd e quindi pensava di votare per un Movimento più vero, più combattivo. E questi forse resteranno nell’ipotesi di un avvicinamento al socialismo europeo, ma il risultato finale, con ogni probabilità, sarà un ulteriore depauperamento delle già modeste file dei 5Stelle.

Proviamo a guardare questo avvicinamento dal punto di vista del Partito democratico e del suo segretario, Enrico Letta. La reazione è stata un po’ questa: apriamo il confronto, verifichiamo, stiamo un po’ a vedere. Ma questa reazione è indice di che cosa, professor Canfora?
Della totale mancanza di linea politica che caratterizza il Partito democratico. L’unica sortita, detta e ridetta con cipiglio da Enrico Letta subito dopo esser diventato il segretario del Pd, suonava così: noi Pd siamo il centrosinistra e come forza egemonica dialoghiamo con 5Stelle. Si può dire che se uno voleva ammazzare una ipotesi di alleanza, non avrebbe potuto far meglio. È un capolavoro di insipienza totale. Dinanzi a questa mossa un po’ “partenopea”, nel senso ironico del termine, del qualunquista Di Maio, che può andare con Salvini, con i socialisti tedeschi, un tempo pure con Maduro o Farage, la prosopopea della sortita di Letta è rimasta spiazzata. Peraltro con l’incombenza di dover parlare a nome di un organismo che non è italiano ma è europeo, dunque sovraordinato rispetto al Pd. E non è che il Partito democratico sia il cane da guardia in Italia del Partito socialista europeo. Si dà un compito che non ha. Cosicché alla fine ha detto un nulla, cioè ha espresso un suo “no” che non ha un contenuto, il che accade spesso al Pd.

Massimo D’Alema, in una intervista recente, ha sostenuto che non esiste un Partito senza una ideologia. Ma un variegato mondo della sinistra aveva brindato alla morte delle ideologie, come se questa morte presunta fosse un bene.
Sì, infatti gli ignoranti pensano questo. Lo pensano, lo ripetono e sono pure convinti di esprimere un pensiero profondo. L’unico ente che ha la caratteristica dell’infinito, oltre lo spazio, è la stupidità.

Lo davano tutti per morto, ma l socialismo ha dimostrato di essere tutt’altro che defunto, come testimoniano le recenti elezioni federali tedesche. Lei come la vede?
Io non sono così ottimista. Ritengo però che ci sia una parte di verità in questa affermazione. Ci fu un tempo in cui i partiti socialisti o socialdemocratici, i due termini sono perfettamente equivalenti nella cultura politica, in Europa erano molto più forti. Ai tempi in cui il cancelliere tedesco era socialista quel partito, la Spd, sfiorava non dico la maggioranza assoluta ma ne era molto vicina, aveva bisogno soltanto di un manipolo di liberali per poter governare. Quegli standard sono ormai lontani, purtroppo. Per non parlare del partito socialista francese. Penso ai tempi in cui Mitterrand lo portò al governo, insieme con il Partito comunista francese, senza che nessuno protestasse, perché la Francia non è un Paese suddito rispetto agli Stati Uniti come l’Italia. Ebbene Mitterrand portò il Partito socialista francese a un vero e proprio successo, non soltanto elettorale ma nell’opinione pubblica, nella società francese. Oggi quel Partito è ridotto ai minimi termini. Ed oggi in Francia governa un personaggio curioso, un “podista” della politica, perennemente “En marche”…

Il presidente Macron…
Con tutto il rispetto per la sua carica presidenziale, stiamo parlando di un “maratoneta” che è un nulla dal punto di vista del pensiero. Bascula di qua e di là, di recente gli hanno dato uno schiaffo in pieno volto con la faccenda dei sottomarini australiani, e dopo neanche una settimana ha quasi detto a Biden: abbiamo scherzato, restiamo amici come prima… Una nullità. Non sappiamo quale sarà mai il risultato delle elezioni presidenziali in Francia, nella primavera del 2022, temo che alla fine sarà un centrodestra tradizionale, senza Sarkozy, con un altro più presidenziale di costui, ma certo le fortune del Partito socialista francese le vedo sempre meno rosee. Se parliamo in generale, la situazione non è eccellente, però è molto importante prendere atto che non siamo di fronte alla scomparsa del socialismo e dei socialisti in Europa, scomparsa tante volte auspicata dai finti soloni che con aria grave ci ammoniscono e pretendono di spiegarci come si campa. Esiste una forte minoranza socialista che è legata soprattutto al movimento sindacale, operaio. In Germania il sindacato è una forza assolutamente seria e tutt’altro che esorcizzabile. Se guardiamo poi al mondo britannico, i Laburisti esistono in quanto esistono le Trade Unions. Quella è la struttura del Labour e oggi, viste le tante sciocchezze che sta facendo Boris Johnson, potrebbe tornare ad avere una posizione di guida o comunque tale da far pensare ad un cambio al vertice del Regno Unito. Se guardiamo all’Est cambia tutto. I Partiti comunisti o denominati in altro modo nell’Est Europa, prima dell’89-91, si riciclarono rapidamente in Partiti socialisti. L’unico posto dove in realtà questo era avvenuto ben prima, è l’Ungheria, dove il Partito di governo si chiamò socialista già negli ultimi anni di Kadar e dopo di lui. Operazioni che si sono rivelate di corto respiro, per ragioni che conosciamo bene: da una parte il peso degli errori commessi nel passato che si pagano, e poi la penetrazione, abilissima, americana in quei Paesi per avere una longa manus nell’Unione Europea e magari paralizzarla quando è necessario. Il quadro è movimentato, certamente non è roseo, ma è indubbio che l’unica forza significativa a sinistra è quella socialista. Ed esiste ancora. Questo pure Di Maio l’ha capito, anche se col socialismo non ci azzecca niente, avrebbe detto qualcuno.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.