Il futuro dei dem
Intervista a Sergio Cofferati: “Partecipo alla ricostruzione del Pd, ma ci vogliono idee”
Una vita nel sindacato, nella Cgil, della quale è stato segretario generale dal 1994 al 2002, promotore della più grande manifestazione di piazza nella storia della sinistra italiana del dopoguerra. E poi una esperienza da primo cittadino di una città importante come Bologna, dal 2004 al 2009. Ed europarlamentare dal 2009 al 2019. Sergio Cofferati oggi a Il Riformista annuncia e motiva la sua volontà di stare dentro la fase costituente del “nuovo Pd”. Il ritorno di “Tex” in quel Partito, da rinnovare radicalmente, del quale nel 2007 era stato tra i 45 “soci” fondatori, lasciandolo “con profondo disagio” nel 2015. E già questa è una notizia.
Un dibattito “costituente” che non decolla. Mentre a tenere banco è il posizionamento, palese o “sotterraneo”, dei vari maggiorenti dem. Il “nuovo” Pd nasce già vecchio?
Per come si sta configurando, sì. Ed è impressionante come la collocazione personale dei dirigenti non sia quasi mai preceduta o accompagnata da giudizi su proposte di merito. La ragione è evidente…
E quale sarebbe?
Non ci sono le proposte di merito. Anche per questo i candidati dovrebbero essere sollecitati a presentarle. Cosa che invece non viene fatta. È difficile immaginare la ripresa, il rilancio, la riscrittura, la rifondazione, chiamatela come volete, di una forza politica di sinistra prescindendo dal merito e al più parlando sommariamente della storia recente, meno di quella lontana perché sarebbe troppo imbarazzante per alcuni di loro.
Le primarie per la segreteria. Sembravano un derby emiliano. Poi c’è stata la discesa in campo di Gianni Cuperlo.
La discesa di Cuperlo ha senza dubbio un effetto positivo, che è quello di movimentare il terreno di gioco. Per la storia di Gianni, per la sua figura. È però risolutivo, perché questo movimento abbia anche una fine positiva, che il merito venga messo in campo. Che la discussione si concentri su quello. Il merito, vale a dire i valori, le politiche, la collocazione internazionale, insomma quelli che sono o che dovrebbero essere oggettivamente i fondamenti di una forza politica nazionale, in particolare se è di sinistra.
Una delle parole più gettonate nel dibattito a sinistra è “identità”. Ma se non si sostanzia, resta una parola vuota, appesa, senza senso politico.
Sono assolutamente d’accordo. Identità è una parola che ha senso se è seguita da indicazioni di merito precise. Nessuno chiede il dettaglio ma definizioni che siano comprensibili.
Faccia degli esempi.
I valori. Sono la democrazia, la solidarietà, il rispetto delle persone, garantendo loro dignità, condizioni materiali positive e una idea del rapporto sovranazionale nel quale i valori ai quali fai riferimento diventano valori condivisi anche da altre storie politiche e da forze di altri Paesi. La dimensione sovranazionale dei valori della sinistra è Storia. Ma di questo non vedo traccia. Non solo a volte non ci sono commenti sulla guerra ma neanche su cosa, ad esempio, la sinistra dovrebbe volere in Europa e nei rapporti tra l’Europa e il resto del mondo. Poi ci sono le priorità nella politica. Democrazia vuol dire certezza nella rappresentanza, vuol dire riferimenti costituzionali coerenti. vuol dire diritti, della persona e delle organizzazioni collettive. La cittadinanza è basata sulla possibilità di una vita dignitosa, piena di cultura e con condizioni materiali adeguati. Sembrano elementi lontani tra di loro, ma non lo devono essere, la cultura e la vita di tutti i giorni, cioè le condizioni materiali delle persone. Una dignità che deve essere garantita da condizioni adeguate del lavoro. Un lavoro di alto profilo. Alto profilo vuol dire conoscenza ma anche rispetto delle modalità. Se un lavoro ha elementi conoscitivi forti ma non garantisce l’incolumità di chi lo esercita, non va bene. Non può essere considerato utile per una politica di sinistra, per fare un esempio che l’attuale contingenza ti ripropone.
Lei invoca una discussione di merito, sui contenuti e i valori che l’innervano. Ma nel Pd ci si divide su voto on line sì o no.
L’atteggiamo dei dirigenti del Pd è incomprensibile e negativo. In un momento come questo, in cui ci sono le primarie, dovrebbe essere assolutamente prevalente la discussione sulle proposte di merito che ognuno di loro deve fare per promuovere la rifondazione del partito e la scelta del segretario o della segretaria. Invece il merito è del tutto trascurato e sono aspetti secondari quelli che quotidianamente prevalgono nel confronto. Qualche giorno fa è uscita sul Corriere della Sera una indagine dell’Ipsos di Pagnoncelli su quali sono le aspettative degli italiani in questa fase. Sui temi che lì prevalgono, che sono economia e welfare, la discussione del Pd semplicemente non c’è. Gli italiani vogliono quelle cose lì.
Stando alle più serie e aggiornate ricerche demoscopiche, il voto degli operai e delle fasce sociali più deboli s’indirizza decisamente a destra. Quella tra la classe operaia e la sinistra è una “rottura sentimentale” insanabile?
Insanabile no ma certo c’è un problema serio che va affrontato con molta decisione. L’elettorato storico della sinistra appare deluso per cui o non va votare o vota per altri. Non è insanabile ma guai a sottovalutarlo.
Il governo Meloni porta avanti una idea di sicurezza che criminalizza le Ong e fa dei “rave” un pericolo pubblico. Su questo la sinistra non è troppo sulla difensiva?
Non è chiaro qual è l’orientamento della sinistra. Problemi di sicurezza ci sono, è del tutto evidente, e devono essere affrontati e risolti. Tenendo però ben ferme alcune condizioni di base. Che sono il rispetto della democrazia e la salvaguardia dei diritti delle persone. Non si risolvono i problemi della sicurezza limitando gli spazi democratici, vietando l’esplicitazione delle proprie opinioni. Quel che conta è la forma. Se le tue opinioni le esprimi con la violenza, devi essere fermato. La destra affronta questi temi puntando, più o meno esplicitamente, nel caso delle Ong a trascurare radicalmente i diritti di persone povere, debolissime. E per quanto riguarda il modo col quale hanno affrontato il “rave”, a mescolare del tutto impropriamente il tema della sicurezza con quello della salvaguardia dei diritti a manifestare. E sono proprio questi diritti il loro vero obiettivo, il rave è un’occasione strumentale, un pretesto.
Tra le varie esperienze della sua lunga carriera pubblica, c’è quella di europarlamentare. Partendo da questo vissuto politico e istituzionale, quale idea si è fatto del cosiddetto “Qatargate”, e del tentativo di utilizzarlo per colpevolizzare le Ong, già nel mirino sul fronte migranti, e per gettare discredito su istituzioni sovranazionali come il Parlamento europeo?
Il “Qatargate” è una bruttissima pagina, vergognosa, che la sinistra deve condannare senza titubanze. Ma nel condannare una pratica come quella che si è evidenziata, è contemporaneamente indispensabile rilanciare l’idea di Europa e del valore delle organizzazioni non governative. L’Europa deve cambiare i suoi trattati per diventare quello che era l’obiettivo dei padri fondatori. Quanto alle Ong, vanno difese per il valore oggettivo che contengono. Ove dovessero eventualmente non rispondere ai criteri fondativi della loro esistenza, vanno modificate, non cancellate. Anche questi sono elementi che devono stare nell’idea di Partito della sinistra in Italia.
Per tornare al Pd e alla corsa alla segreteria. Sergio Cofferati che consiglio si sentirebbe di rivolgere ai candidati in lizza?
Io spero che i candidati rendano al più presto esplicite le loro proposte, in modo tale che possano essere valutate non come se quella in atto fosse una contesa inutile, ma una pratica che porti alla rifondazione di una forza politica di sinistra della quale il Paese ha bisogno. Per quanto mi riguarda, e lo dico a lei e al suo giornale, ho deciso di aderire a questo tentativo di rinascita, e lo farò sostenendo esplicitamente la proposta che valuterò più efficace.
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