Parla l'ex presidente della Camera
“Pd partito femminista, scriviamolo nel manifesto: noi al governo per responsabilità mai per potere”, intervista a Laura Boldrini
Il congresso del “nuovo PD” e perché puntare su Elly Schlein alla segreteria. La parola a Laura Boldrini. Già Presidente della Camera, rieletta in Parlamento il 25 settembre, Boldrini fa parte del Comitato costituente chiamato a definire la carta valoriale Dem.
Il “nuovo” PD. Può declinare, dal suo punto di vista, quell’aggettivo?
Nuovo nel senso che la sua identità e il suo programma si fondino sulla risposta alle grandi sfide del nostro tempo: la dignità del lavoro, la lotta alle disuguaglianze, la transizione ecologica, la sfida digitale, la pace, i diritti dì tutte e tutti. Stiamo scrivendo il manifesto del nuovo PD e deve esserci scritto a chiare lettere che il PD è un partito femminista, perché la sinistra o è femminista o non è. E poi nuovo per il suo modo di fare politica e di organizzarsi. Oggi il PD, così come altri partiti, è troppo chiuso su se stesso, troppo autoreferenziale e troppo dominato dalla logica delle correnti. Per recuperare credibilità ha bisogno di un nuovo gruppo dirigente, di superare la gabbia delle correnti e di aprirsi all’esterno, alle tante persone e ai tanti movimenti che si sono allontanati negli ultimi anni e ai giovani che sul cambiamento climatico, così come sui diritti, sono tornati a scendere in piazza.
Ma cosa sta facendo il PD per lanciare questo congresso costituente fuori dalla cerchia dei gruppi dirigenti?
Il PD ha un enorme bisogno di una sua identità forte e chiara. Per questo ritengo essenziale partire dal manifesto dei valori, poiché quello attuale è datato 2008. Nel frattempo il Paese è cambiato ed anche il mondo. In quel manifesto, ad esempio, si ha una propensione assai ottimistica verso la globalizzazione, senza valutare le conseguenze che un tale fenomeno, non governato, ha avuto sull’aumento delle diseguaglianze. Oltre a questo lavoro di elaborazione dei valori del nuovo soggetto politico, stiamo lanciando un appello a tutte le persone, le associazioni, i movimenti che hanno voglia di partecipare direttamente, da protagonisti, alla costituzione di un progetto politico progressista. E di farlo insieme a noi. Adesso è il momento. Non si può sempre rimanere alla finestra, distanti. Bisogna fare la propria parte per creare un’alternativa alla destra più destra di sempre. Insomma, il congresso costituente del PD deve attivare una mobilitazione, suscitare interesse e curiosità specialmente tra i giovani.
Alla “corsa alla segreteria”, in vista delle primarie del 19 febbraio 2023, si è “iscritta” Elly Schlein. Una candidatura di rottura rispetto al passato?
Indubbiamente sì, non nel senso di buttar via quel tanto di buono che c’è nel Partito democratico e nella sinistra, ma nel senso di aprire una nuova fase nella politica delle democratiche e dei democratici, che parta proprio dalle priorità che indicavo prima: giustizia sociale, lavoro, ambiente, pace, diritti e femminismo. Su questi temi Elly Schlein si è caratterizzata da tempo. Non si può contemplare il declino del PD, questo è il momento di una svolta radicale.
Il “vecchio” Partito democratico non ha fatto della governabilità a tutti i costi la sua stessa ragion d’essere?
Non c’è dubbio, il PD è apparso a tante e tanti cittadini come il partito del governo e del potere, anche se bisogna dire, nel caso ad esempio del governo Draghi, che noi abbiamo risposto per senso di responsabilità a un appello drammatico che il Presidente della Repubblica aveva rivolto alle forze politiche per dar vita a un governo di alto profilo e senza formule politiche. Esperienza assolutamente irripetibile perché governare insieme alla destra non deve più essere nell’orizzonte futuro del PD, ma quando si governa bisogna farlo sempre non per occupare il potere ma per risolvere i problemi delle persone a partire dai tuoi valori e dalle tue priorità programmatiche.
Il governo Meloni alla battaglia navale con le Ong. Ma la strada alla linea “securista” non è stata aperta a suo tempo da un ministro dell’Interno del PD?
Io criticai le scelte del governo di allora e ho continuato a chiedere in tutti questi anni di non rinnovare il memorandum d’intesa Italia-Libia, ma quello che hanno fatto al Viminale prima Salvini e ora Piantedosi, è stato ed è un salto di qualità drammatico non solo dal punto di vista umanitario ma anche dei nostri principi costituzionali e del diritto internazionale. La guerra alle Ong è immotivata, ingiusta e ideologica. Chi salva vite in mare va ringraziato e va premiato, non perseguitato. Le Ong tentano solo di dare una risposta alla drammatica carenza di soccorso degli Stati.
Nel 2023 si vota in Lombardia e nel Lazio, oltre che in Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. E si ripropone il tema delle alleanze: con 5Stelle di Conte o con il centro di Calenda e Renzi? Lei come la vede?
Per le Regioni, così come per i Comuni, le alleanze si costruiscono sulla base delle esigenze territoriali che non possono essere imposte dall’alto. Per ciò che riguarda il livello nazionale, il problema si porrà alla fine di questa legislatura, quando si dovrà tornare al voto. In questo momento la priorità del PD è di definire la sua identità e la sua collocazione sociale, il tema delle alleanze viene dopo. Ora è necessario fare un’opposizione decisa al governo di destra e sarebbe bene che i gruppi di opposizione la facessero coordinandosi tra loro per renderla più efficace, cosa che invece non mi sembra stia accadendo. E non per responsabilità del PD.
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