Lo spostamento della decisione sul presidente Copasir a martedì prossimo mette la lente di ingrandimento sugli equilibri funambolici tra le tre opposizioni. Il corteggiamento di Carlo Calenda a Giorgia Meloni“Questione di chimica”, ammette l’interessato – ha prodotto come primo esito quello del calcio in tribuna per l’assegnazione delle presidenze che contano. Il Copasir, che vigila sui servizi segreti, freme.

Proprio in questi giorni la questione del segreto di Stato sulla vicenda Autogrill-Renzi-Mancini-Ranucci e l’iscrizione della fantasmagorica “Professoressa” nel registro degli indagati alzano il tono della polemica. Fnsi protesta. Ranucci diventa ospite d’onore di Giovanni Floris a Di Martedì, per volontà dello stesso patron Urbano Cairo. E così il Copasir e la vigilanza Rai diventano due facce della stessa medaglia. Per la prima, Giuseppe Conte vuole imporre Roberto Scarpinato? E dietro le quinte si rafforza Ettore Rosato.

Su di lui convergerebbero Fdi e Lega, con il placet “chimico” della premier. Matteo Renzi, dal canto suo, vedrebbe bene Maria Elena Boschi per la poltrona più alta della Vigilanza Rai. L’optimum, per il leader di Italia Viva, sarebbero Lorenzo Guerini al Copasir e Boschi alla Vigilanza. Sia come sia, il M5S potrebbe non toccare palla e passare a fare il partito di opposizione di piazza, proprio a partire dalle piazze in cui Conte sta chiamando i suoi. La guerra del governo al Reddito di cittadinanza riunisce tutte le anime del Movimento e ridà all’avvocato del popolo una insperata linfa vitale. Lo smalto perduto sotto il fango di Casamicciola.

Sulla questione del lavoro, ecco lo scontro nel Pd. Tra anime che diventano mozioni, aree che diventano documenti e mettono nero su bianco la loro distanza, iscrivendosi a fronti opposti. Nasce la mozione laburista, l’anima Dem del giuslavorismo riformista. Non a caso sospinta da Marco Bentivogli, ex segretario confederale Fim Cisl, insieme con Enrico Morando, migliorista impenitente, l’economista neokeynesiano Tommaso Nannicini e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Insieme a loro, quaranta firmatari di tutto rispetto tra parlamentari, sindaci e sindacalisti, economisti e docenti universitari.

La crème del riformismo impegnato a ridare al Pd un volto sociale che si sintetizza nella parola Laburismo. Eccoli, i laburisti (che già nel nome, parrebbero rievocare Tony Blair): “Siamo quelli che dicono che bisogna prima intenderci sui contenuti, sui problemi che vanno affrontati e sul come farlo. E poi, solo poi, parleremo dei nomi”, ci confida Nannicini. L’ex senatore, aretino di Montevarchi, un bocconiano che seguiva Morando prima che arrivasse Renzi, ha chiaro in mente un percorso. “Abbiamo voluto fare un documento sulle priorità del Paese perché ne abbiamo piene le tasche del manuale Cencelli che circola nel partito. Le regolette interne dei pesi e contrappesi erano stantìe prima, figuriamoci oggi, nella fase della rifondazione”, premette.

E su quali basi, dunque, rifondare il Pd? “Su quelle del lavoro. Perché le politiche sociali sono la carta di identità del principale partito del centrosinistra, sì. Ma vanno interpretate in chiave riformista: un nuovo contratto sociale che parli alle nuove generazioni, ai nuovi precari, ai non sindacalizzati e alle partite Iva”. E qui viene il bello. La mozione Laburista non è detto che appoggerà Stefano Bonaccini, il candidato dietro al quale si erano ad oggi assiepati Base Riformista e dintorni. “I nomi verranno dopo. Ma non è detto che il candidato che appoggiamo per la futura segreteria sia tra i nomi che sono usciti ad oggi”, rivela l’economista. “Possono esserci altre proposte oltre a quelle di cui si sta discutendo”, accenna Nannicini. Di più non può dire. “Presto per fare un nome, vediamo chi è d’accordo con noi sulle sfide e sui temi, poi la sintesi la farà chi meglio li rappresenta”.

Un nome nuovo, dunque, può spuntare sulle labbra dei quaranta laburisti, riformisti, “miglioristi”, se si fosse ancora nel partito che fu. In quello che sarà, invece, sembra sull’identikit di Giorgio Gori, il brillante sindaco di Bergamo – tanto amato anche trasversalmente, fuori dal Pd – che potrebbe fermarsi la roulette dei Dem. Un lombardo che potrebbe spezzare quell’incastro tutto emiliano tra Bonaccini, Schlein e De Micheli. L’idea forte dei riformisti della mozione laburista, i sostenitori di Gori? Per Nannicini è una: “Il reddito di formazione. Serve, come in tutta Europa, una misura di inclusione e di contrasto della povertà. Il RdC non funziona. Proponiamo invece un Reddito legato alla capacità delle persone di formarsi, aggiornarsi, reimmetersi potenzialmente sul mercato del lavoro con capacità nuove”.

Di tornare a incarnare il partito del lavoro parlano anche nella sinistra interna. Marco Miccoli, della direzione nazionale Pd, punta tutto su quello: “Oggi, grazie anche alla proposta di Matteo Lepore, ripresa da Nicola Zingaretti, si è aperta nel PD una riflessione sulla necessità di dare vita ad una proposta per la costituzione di un grande Partito del Lavoro, da inserire dentro l’ormai avviato percorso congressuale. È una proposta giusta, ma penalizzata e forse resa impraticabile dalla confusa dinamica e soprattutto dalla ridotta tempistica dello stesso percorso congressuale”.

L’idea di Miccoli, che prova a tirare dalla sua Zingaretti ma anche Goffredo Bettini e dunque Enzo Amendola e Gianni Cuperlo, è di cambiare il nome in Partito Democratico del Lavoro. Forse anche di questo hanno parlato ieri, lontano da sguardi indiscreti, Elly Schlein e l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando. A Montecitorio sono stati visti insieme finché non hanno trovato un ufficio libero dove chiudersi al riparo da sguardi indiscreti. Domenica ci sarà l’atteso annuncio dell’ingresso ufficiale di Elly Schlein tra i candidati in corsa e la sinistra potrebbe convergere su di lei. Torna a farsi sentire, anche per lanciare un’Opa su quell’area, Matteo Ricci.

“La destra fa la destra e dice no al salario minimo. La manovra fa cassa sui poveri e sbatte la porta in faccia a chi ha bisogno. Serve una mobilitazione: promuoviamo una legge di iniziativa popolare per il Salario Minimo. Noi con i lavoratori sottopagati, voi con gli evasori”, dice il primo cittadino di Pesaro, che ha ricevuto anche l’endorsement di Bettini. Il sindaco di Firenze a quel punto non può rimanere fuori. “Nel Pd faccio il militante che porta un po’ di idee, questo provo a fare“. Ed è anche questo un modo elegante per fare un passo avanti. La marcia è lunga: il nuovo leader si deciderà a fine febbraio.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.