Il percorso congressuale del Pd si ridisegna. La compressione degli impegni rende difficile la gestione delle campagne incrociate dei quattro contendenti per la segreteria e dei due candidati per Lombardia e Lazio. La chiamata al voto nei circoli – inizialmente fissata tra il 27 gennaio e il 12 febbraio – potrebbe ragionevolmente slittare e con essa l’appuntamento dei gazebo per le primarie, che gli elettori voterebbero a questo punto il 26 febbraio, ad adeguata distanza dalle urne regionali. Gianni Cuperlo è assertivo, nel dire al Riformista: «Sono d’accordo con lo slittamento al 26», allineandosi con le voci che vedono crescere la tentazione dello spostamento di due settimane.

Paola De Micheli su questo punto è più prudente: «Non commento ipotesi ma voglio vedere il ragionamento che si svilupperà in direzione». Stefano Bonaccini, che a metà giornata veniva attribuito da un lancio AdnKronos tra i sostenitori delle primarie “accettabili” per fine febbraio, arriva a sera più guardingo. Deve aver letto anche lui la bolla ufficiale, firmata Enrico Letta: “Le primarie rimangono fissate al 19 febbraio”. Tutta la questione si innerva su una settimana, niente di più. L’ipotesi, stando a quanto viene riferito, sarebbe di porre termine alle iscrizioni (rinnovi compresi) entro il 30 gennaio e dal 3 al 19 febbraio concludere i congressi di circolo. Ma lo stato dell’arte del Pd – sempre più impaludato – si può leggere anche alla luce di questa impasse. Sarà la direzione Pd fissata per mercoledì 11 gennaio – nell’anniversario della scomparsa di David Sassoli – a stabilire il nuovo calendario che guiderà i dem. Occorrono un nuovo statuto, un programma rinnovato e un leader (o una leader) capace di dare alla comunità democratica una scossa vitale.

«Sarò il caffè che risveglia il partito», ha detto De Micheli intervistata da Agorà. Elly Schlein rilancia sul voto online, chiedendo che si voti anche da remoto. Bonaccini è contrario. Servirebbe una procedura, una infrastruttura digitale certificata. Lei insiste, vuole far votare chi ai gazebo non si avvicinerebbe: «Sarò un ponte tra le energie che stanno dentro e quelle che stanno fuori la comunità democratica», dichiara Schlein. E fa stampare, lei che la tessera del Pd l’ha presa di corsa, dieci giorni fa, i suoi primi manifesti accuratamente privi del simbolo del partito. Un piede dentro e uno fuori, per giocare la carta dell’outsider malgrado l’esplicito appoggio delle correnti. Elly Schlein e il suo cerchio magico – tra cui Dario Franceschini – pensano che la candidata più giovane potrebbe trarre vantaggio dall’allungamento dei tempi. Ma c’è chi è pronto a scommettere il contrario: «È un soufflé, si sgonfia ogni giorno che passa», ci dice un dirigente tra i più navigati del Nazareno. Per chiarire le differenze tra i quattro contendenti (la candidatura del bergamasco Antonio Guizzetti è poco più che una boutade, in assenza delle 4000 firme necessarie) sembra che Nanni Moretti voglia farsi promotore di un confronto pubblico in sala, a Roma. Mercoledì la direzione dovrà esprimersi anche su un’altra questione esplosa ieri, quando un’ampia fetta dei dirigenti dem della Campania è insorta chiedendo la rimozione di Francesco Boccia da commissario del Pd regionale. Lo si apprende da uno dei firmatari della missiva che è stata ricevuta da Enrico Letta ma che non ha ancora trovato risposta.

La lettera è stata firmata da sei consiglieri regionali su otto del Pd campano a cominciare dal capogruppo Mario Casillo, con Bruna Fiola, Massimiliano Manfredi, Gennaro Oliviero, Franceso Picarone e a Loredana Raia, con loro anche la firma degli ex parlamentari fino alla legislatura finita a settembre Umberto Del Basso De Caro e Raffaele Topo. Nella lettera inviata al segretario Letta si spiega che il senatore Boccia «si accinge a gestire la vicenda congressuale nazionale e campana» e che «alcuni giorni or sono, com’è suo diritto, ha scelto – si legge – di sostenere la candidatura dell’onorevole Schlein, accettando il ruolo di coordinatore della campagna congressuale di quest’ultima e rilasciando numerose interviste e dichiarazioni a sostegno della candidata Schlein. Questa sua nuova condizione lo pone al di fuori del perimetro di terzietà e di neutralità connaturato alla sua funzione di garante. Sarebbe stato auspicabile un suo spontaneo passo indietro ma ciò non è avvenuto, nonostante sia del tutto evidente l’incompatibilità politica tra le due funzioni peraltro sovrapposte anche temporalmente. Questa condizione va evidentemente rimossa dalla segreteria nazionale ed in tal senso va il nostro auspicio».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.