Il percorso congressuale dem non sarà noioso, a giudicare dalle premesse. Corrono in sei, al momento. Un folto gruppetto in testa al quale tirano la volata le due figure al vertice della Regione Emilia-Romagna: il governatore Stefano Bonaccini e la sua vice, Elly Schlein. Che ieri ha rotto gli indugi scegliendo una diretta Instagram per scendere formalmente in posta. “Mi intessa aderire” alla fase costituente del congresso Pd «per portare un contributo di proposte, non da sola ma con altri, dentro e fuori il Pd. Servono processi collettivi, plurali. Le traiettorie personali non possono cambiare le cose, partecipiamo».

Oltre ai due vertici della Regione E.-R. la corsa vede ingaggiata Paola De Micheli, il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, forse quello di Firenze, Dario Nardella, che sta promuovendo la sua campagna sul civismo di prossimità grazie all’uscita del suo libro. E un nome per la sinistra interna che va da quello di Gianni Cuperlo a quello di Beppe Provenzano, senza dimenticare Andrea Orlando. La candidatura di Elly Schlein rompe le uova nel paniere di Bonaccini. Geograficamente sovrapposta, impegnata sugli stessi dossier in quell’oasi del buon governo che è rimasta la Regione emiliana, Schlein è però tutto quello che non è Bonaccini: fuori dagli schemi, senza tessera Pd in tasca, vicina ai movimenti (climate change, pace, Lgbt) ha il potere di pescare in modo trasversale. È post-ideologica, veloce. E donna. L’antitesi più diretta a Giorgia Meloni. In forza di queste considerazioni ecco che Area Dem, la colonna portante del Pd, con il tesseramento più forte e le figure di più salda scuola, sembra tentata dall’appoggiarla per la segreteria. Togliendo a Bonaccini un sostegno importantissimo.

La realtà è che il Tetris del Pd gioca a incastrare tutte le caselle: il nuovo segretario dem, i due candidati per il Lazio e la Lombardia, i presidenti delle commissioni che contano. Avvenuta la distribuzione di vicepresidenze per il Pd, rimangono sul piatto Copasir e vigilanza Rai. Per il primo sarebbe in pole position l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Il Terzo polo potrebbe approfittare dell’implosione del Campo largo, portando Maria Elena Boschi alla presidenza della Commissione bicamerale con delega ai servizi radiotelevisivi. L’ex alleanza con il M5s è stata affondata da Giuseppe Conte, che è stato convinto di poter correre da solo nel Lazio prendendo un risultato non inferiore a quello dei Dem. E rafforza la crisi la notizia che Nicola Fratoianni, dopo aver innervato tante polemiche sulla candidatura della moglie nelle liste dem, gira i tacchi e scende dal taxi del Pd per abbracciare Conte, alla ricerca di una sinistra progressista che può accontentarsi di non avere tante idee, ma tanti nomi. Anche il coordinatore nazionale di Articolo 1, Arturo Scotto, protesta per l’asserita anticipazione del congresso dem. Taglierebbe fuori i soggetti confluenti a sinistra. «Rispetto molto il dibattito interno al Pd sull’eventuale scelta di anticipare le primarie ed eleggere il nuovo segretario. Mi domando tuttavia come questo approccio si possa conciliare con un processo costituente capace di coinvolgere forze esterne e di affrontare la sfida lanciata da Letta».

In questo clima di rottura a sinistra, emerge anche la strategia del Terzo polo, convinto di poter ottenere un consistente volume di voti proprio nel Lazio e in Lombardia, più che altrove. Un elemento che nei ragionamenti di Renzi e Calenda dovrebbe creare le condizioni ideali per stringere l’accordo su Alessio D’Amato a Roma e per continuare il pressing su Letizia Moratti a Milano. Chi c’era avrà notato a Roma che alla fine dell’affollata convention del teatro Brancaccio, il numero due di Nicola Zingaretti, D’Amato, ha abbracciato per primo Carlo Calenda. L’iniziativa del candidato sindaco di Azione sembra aver portato a casa un esito insperato: il comunista D’Amato piace a tutti, dai centri sociali a Italia Viva. Ma per la Moratti la decisione appare più difficile. I dem lombardi sono spaccati. Su Moratti e D’Amato. I dem si scompongono e ricompongono. Si intrecciano. Si interscambiano.

Nardella lavorerebbe in gran segreto a un ticket con Elly Schlein, capace di sorprendere tutti e sovvertire le dinamiche congressuali. Anche se lui smentisce: «L’ho letto sul giornale. Per ora penso soltanto alle idee che posso portare al Pd. Stimo Schlein, ci siamo sentiti ed è una persona che può portare un punto di vista importante. Così come stimo molto Bonaccini e tutti gli altri nomi che vengono riportati in queste ore come possibili candidati», dice rispondendo alle domande dei giornalisti. Il sindaco di Firenze non si sbottona e continua a tener fede alla sua linea pubblica: prima dei nomi viene la ricostruzione del partito. Nella confusione generale, si fanno strada nuove figure. Piace soprattutto al pubblico televisivo il leader ribelle dei Giovani del Pd lombardo, Lorenzo Pacini. Magnificato da Antonio Padellaro che lo indica come leader nascente, Pacini debutta come rottamatore: «Il Pd è in un immobilismo totale per colpa della dirigenza nazionale». Per questo «dobbiamo assolutamente accelerare i tempi del congresso» altrimenti «arriveremo a marzo che nei sondaggi saremo sotto al 14%». Insiste, ribadisce: «Il congresso andava fatto immediatamente, qualsiasi cosa andava meglio rispetto all’immobilismo dimostrato da Letta e da tutta la dirigenza».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.