A pochi giorni dalla direzione del Partito Democratico sul congresso da tenere probabilmente ad inizio 2023, convocata giovedì 6 ottobre, il segretario dimissionario Enrico Letta torna a parlare alla sua comunità con una lettera aperta indirizzata agli iscritti dal titolo “Apertura, opposizione, nuova vita”.

Un congresso, quella che vede già ufficialmente in campo l’ex ministro dei Trasporti Paola De Micheli ma che vede altri candidati ‘ufficiosi’ in Stefano Bonaccini (presidente dell’Emilia Romagna), Elly Schlein (vice di Bonaccini in Regione), Giuseppe Provenzano (ex ministro per il Sud), Dario Nardella (sindaco di Firenze), Vincenzo De Luca (presidente della Campania), solo per citarne alcuni, che Letta auspica “non sia un casting”.

Il segretario uscente, che dopo la batosta elettorale del 25 settembre ha annunciato la non ricandidatura, ha sottolineato nella sua lettera che il partito “ha bisogno di un di un vero Congresso Costituente. Per questo vi chiedo di partecipare con passione e impegno, accanto ad altri che spero vorranno raggiungerci per fare insieme un percorso che, come proporrò alla Direzione convocata per la prossima settimana, dovrebbe essere articolato in quattro fasi”.

Il percorso in quattro fasi, anche su nome, simbolo e alleanze

La prima la definisce “chiamata”: “Durerà alcune settimane perché chi vuole partecipare a questa missione costituente, che parte dall’esperienza della lista “Italia Democratica e Progressista”, possa iscriversi ed essere protagonista in tutto e per tutto”. Quindi quella dei “nodi”, che “consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco al lavoro nei circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà Democratiche”.

Quindi la fase del “confronto” sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente, “un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori”. Infine la fase delle “primarie”, che non vanno cestinate, perché “saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto”.

Tutto in discussione

Leta nella sua lettera agli iscritti ammette che la campagna elettorale appena terminata, “scandita da insidie e veleni”, ha manifestato da parte del partito “evidenti limiti della nostra proposta ed è emersa una mancanza molto grave di capacità espansiva nella società italiana.

Per questo la necessità, anzi l’obbligo, per il segretario dimissionario, è quello di “un confronto serissimo e sincero tra di noi. Perché il Pd, per sua stessa natura, deve essere un partito espansivo e largo. Se manca questa aspirazione entra in crisi la sua ragione d’essere. Per questo dobbiamo essere pronti a rimettere tutto in discussione. Ora possiamo farlo, dopo potrebbe essere troppo tardi”, scrive Letta.

Un congresso costituente che per il segretario deve partire anche da quella che definisce “indispensabile rigenerazione del gruppo dirigente”, aspramente criticato dalla ‘base’ del partito per non aver saputo dare risposte adeguate ai bisogni e alle istanze del popolo Dem, e non solo.

La ricetta per Letta è quella di “contenuti forti e volti nuovi”, perché “gli uni senza gli altri rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone. Se non li bilanciamo con attenzione, ci trasformiamo definitivamente nelle maschere pirandelliane che evocai nel mio ormai lontano discorso del 14 marzo 2021”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia