L'analisi della sconfitta
Letta ‘apre’ il congresso del PD dopo la batosta, il segretario non si candida: “Serve una profonda riflessione”
Un risultato “insoddisfacente” che spingerà il Partito Democratico al congresso, già previsto il prossimo marzo 2023, ma soprattutto al passo indietro del suo segretario, che non si ricandiderà per la guida del Nazareno. Sono i punti chiave della prima analisi della sconfitta di Enrico Letta, leader dei Dem che ha parlato del voto emerso dalle urne domenica notte, un tracollo per il PD con numeri che non si vedevano dal 2018, quando i Dem a guida Renzi erano però ‘orfani’ della sinistra del partito.
“Gli italiani e le italiane hanno scelto, è stata una scelta chiara e netta. L’Italia avrà un governo di destra, la tendenza emersa in Svezia è confermata anche in Italia. È un giorno triste, ci aspettano giorni duri”, sono le parole di Letta in apertura di conferenza.
Un risultato, quello dei Dem, che “non è stato sufficiente” per “avendocela messa tutta” e promettendo “opposizione dura e intransigente” per non permettere che l’Italia “esca dal cuore dell’Europa”. Colpa della strategia del Nazareno, certo, ma anche dei rapporti deficitari con quei partiti che dovevano costituire il “campo largo” lettiano.
Non è un caso se Letta parli di “fuoco amico” del Terzo Polo a Roma, con la candidatura di Carlo Calenda che per Letta è costata l’elezione in Parlamento della leader di +Europa e storica esponente radicale Emma Bonino. Ma colpa anche dei 5 Stelle di Conte: Letta evidenzia come “se siamo arrivati al governo Meloni è per via del fatto che Giuseppe Conte ha fatto cadere il governo Draghi”.
Eppure in Parlamento il PD dovrà tenere aperto il dialogo con pentastellati e Terzo Polo. “Penso che per contrastare questa destra sia molto importante che si riprendano le fila di relazioni per una opposizione efficace e non che ognuno vada per conto suo”, spiega Letta.
Una scelta che in ogni modo “spetta ad altri”, visto che il segretario non si candiderà al congresso del partito, che traghetterà ad un appuntamento vitale per il centrosinistra. Tornando al suo ruolo da leader dei Dem, Letta ha ricordato di essere tornato a marzo dello scorso anno “con l’obiettivo di tenere unito il Pd dalla prospettiva di disgregazione. L’altro obiettivo era preparare una legislatura democratica e progressista. Il risultato del primo obiettivo è raggiunto, il Pd è in campo, si rivela una comunità viva e forte su tutti i territori e lavorerà per costruire in prospettiva quello che non è stato possibile fare questa volta“.
Ma se il primo obiettivo è raggiunto, aggiunge Letta, “evidentemente non ho raggiunto il secondo obiettivo, perché questa legislatura sarà la legislatura più a destra della storia d’Italia”. Dunque nei prossimi giorni verranno riuniti gli organi di partito, con Letta che traghetterà i Dem al congresso dove servirà “una profonda riflessione su cosa vuole essere il Partito Democratico, un concetto nuovo di partito all’altezza di una destra che ha un mandato forte a governare nei prossimi anni”.
“Vorrei che il congresso avvenisse in tempi più rapidi possibile“, è stato l’auspicio di Letta, che ha definito la scelta di portare il partito al congresso come “un gesto di amore” nei suoi confronti, “poi l’avvio della legislatura ha sempre una dinamica molto intensa ma in ottemperanza allo statuto e nei tempi possibili bisogna arrivare a un congresso che sia molto profondo, in cui ci sia un’analisi molto approfondita, un grande confronto di idee sul Partito Democratico di domani“.
Per il partito del domani, ha aggiunto Letta, “toccherà a una nuova generazione“. I nomi in ballo da tempo sono quelli del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che sarebbe sostenuto da una rete di sindaci e amministratori locali, dalla sua vicepresidente in Regione, Elly Schlein, del ministro del Lavoro Andrea Orlando e dell’ex ministro del Sud Peppe Provenzano.
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