Durante la campagna elettorale, nonostante alcuni ammiccamenti da parte dell’ala più a ‘sinistra’, il Partito Democratico si era posto in aperta contrapposizione con i 5 Stelle di Giuseppe Conte, ampiamente corrisposto dall’ex premier. 

A urne chiuse e legislatura avviata con il voto sui presidenti di Camera e Senato, il ‘sentiment’ sembra essere cambiato per iniziare a ragionare insieme sulle prime spartizioni delle poltrone.

Quella più importanti sono le vicepresidenze di Camera e Senato che spettano all’opposizione: ma dalle urne di opposizioni alla destra Meloni-Salvini-Berlusconi ne sono emerse tre, quella del PD, quella dei 5 Stelle e quella del Terzo Polo riformista di Carlo Calenda e Matteo Renzi. 

Proprio quest’ultimi due denunciano come via sia un accordo ‘sottobanco’ tra i due partiti per spartirsi tutte le vicepresidenze, lasciando Azione e Italia Viva ‘col cerino in mano’.

Calenda e Renzi sono durissimi sul punto. Per il leader di Azione “se Pd e M5s , come sembra, faranno l’accordo per spartirsi tutte le vicepresidenze di Camera e Senato destinate all’opposizione, noi non parteciperemo al voto. Se questo accordo si materializzerà, la scelta del Pd in termini di alleanze sarà evidente”.

Pensiero ovviamente condiviso da Matteo Renzi, che nella sua e-news minaccia di coinvolgere il presidente della Repubblica in caso di spartizione a due delle vicepresidenze. 

Quelli che si stanno accordando con la maggioranza sono gli stessi che accusano noi di volere le poltrone. Io dico solo che gli accordi istituzionali devono garantire tutte le minoranze. Se Pd e Cinque Stelle ci tenessero fuori sarebbe un atto di gravità inaudita, atto che dovremmo immediatamente porre alla attenzione del Presidente della Repubblica”, le parole al vetriolo dell’ex presidente del Consiglio.

A replicare dal Nazareno è Francesco Boccia, che in merito ad una richiesta di intervento del Quirinale parla di gesto “scorretto” e di una “falsificazione della realtà”. 

Per Boccia “non c’è volontà di escludere nessuno, ogni partito ha i numeri per eleggere i propri rappresentanti“. Poi, “se con il 4,5% dei senatori il terzo polo pretende una vicepresidenza del Senato, che andrebbe a uno dei gruppi maggiori, converrà con me..Comunque il Terzo Polo otterrà la rappresentanza negli uffici di presidenza come garantiscono i regolamenti“.

I numeri effettivamente danno ragione a Boccia e ad un possibile accordo tra Dem e pentastellati, che come prima e seconda forza di opposizione sia alla Camera e al Senato non sarebbero obbligati dall’algebra a includere gli uomini e le donne di Renzi e Calenda. D’altra parte però Roberto Giachetti, parlamentare di Italia Viva ed ex vicepresidente della Camera, ricorda a La Stampa che si tratta di “una questione di principio o se vogliamo di consuetudine istituzionale“. Giachetti ricorda anche la gestione delle vicepresidenze nel 2013, quando a Montecitorio “l’opposizione di centrodestra voleva escludere il Movimento 5 Stelle e, come primo partito, il Partito Democratico garantì con i propri voti che uno dei due posti da vicepresidente andasse a Di Maio“.

 

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia