Gianni Cuperlo ha annunciato la sua candidatura alla segreteria del Pd. È una buona notizia. Cuperlo non è un nome qualsiasi. Triestino, 61 anni, dagli anni Ottanta è un protagonista di tantissime battaglie della sinistra. Ha una grande esperienza, viene da una tradizione e da una storia politica molto robusta. È una persona colta, non è mai stato un improvvisatore.

Offre al Pd le sue idee, la sua storia ricca, la certezza di un politico che ha scelto la politica perché amava la politica, non per altre ragioni. Viene dal Pci. Nel senso che da giovanissimo militava nel Pci. È stato anche il capo dei giovani comunisti proprio a cavallo degli anni della caduta del muro di Berlino. E quando stava nel Pci aveva l’intelligenza e la forza per dissentire. Ha sempre avuto una visione molto aperta della politica. Fondata sui valori essenziali della sua parte (la giustizia sociale: quello che una volta si chiamava egualitarismo) e su due valori universali: la libertà e la tolleranza. Non ha mai concepito la battaglia politica come uno scontro fra tifoserie.

Uno sventolare di bandiere. Cuperlo ha sempre immaginato la politica come un luogo dove si fondono pensiero, capacità di lotta e aspirazione a governare. Aspirazione: non obbligo. Porta alla battaglia congressuale del Pd esperienza e idee. Gli dà valore. La sua candidatura si affianca a quelle di Paola De Micheli, di Stefano Bonaccini e di Elly Schlein, il trittico di emiliani che sin qui si sono presentati alla contesa. La sua discesa in campo cambia oggettivamente il carattere del congresso. Manca un mese e mezzo. Sarà un mese e mezzo essenziale per il Pd. La nuova candidatura ci dice che è presto per dare il Pd per morto. Come spera la destra della Meloni, come spera Conte.

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