Parla il leggendario regista newyorkese
Intervista ad Abel Ferrara: “Siamo finiti sull’orlo di un olocausto nucleare”

C’era una volta un re, di New York. Oggi Abel Ferrara, il leggendario regista newyorkese di King of New York, Il cattivo tenente, Fratelli abita a Roma. Da re a imperatore. E il suo cinema si è un poco adattato, alla rinnovata geografia esistenziale: il documentario Piazza Vittorio, Tommaso con il sodale Willem Dafoe. «Due luoghi così diversi. New York resta la mia città (Ferrara è nato nel Bronx, settantuno anni fa ndr.) dove incontri persone e culture da tutto il mondo, che convivono. A Roma invece, si respira la storia». E in Italia il maestro di un cinema sporco e violento, così interrogativo e audace da non lasciare indifferenti, raccoglie i premi che dall’altra parte dell’oceano latitano. A La Milanesiana, il lungo e itinerante festival culturale diretto da Elisabetta Sgarbi (fino al 3 agosto, con sedi dislocate in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Marche e Toscana), Abel Ferrara ha ricevuto il riconoscimento Omaggio al Maestro, già assegnato fra i tanti a Bernardo Bertolucci, Jane Campion, i fratelli Dardenne. Dice il regista: «Ricevere un premio è sempre bello, garantisce un valore aggiunto». A tutta una carriera – la sua è iniziata oltre quarant’anni fa –, come a un singolo film. E Mary, Gran premio a Venezia nel 2005, resta fra i suoi migliori.
Alla premiazione milanese Ferrara si presenta in personale divisa di ordinanza, abito nero e camicia bianca. Ad applaudirlo ci sono anche giovanissimi, il cineasta travalica le generazioni. E non spiccica una parola di italiano, malgrado la residenza romana e le origini campane. A parlare chiaro è l’opera tutta. Come lui forse solo Martin Scorsese e Woody Allen sono stati capaci di raccontare la Grande Mela («NY porta su un altro piano di creatività. Lì, il livello di energia percepito è fuori scala»), così bene da farla sembrare nota – e notevole – anche a chi non ci ha mai messo piede. Il prossimo progetto è un film su Padre Pio, con il santo da Pietralcina interpretato dal versatile divo americano Shia LaBeouf, ex Tranformers e Indiana Jones. Scelta fantasiosa, ma meno rispetto ad avere scritturato Madonna per Occhi di serpente e Claudia Schiffer per Blackout. È poi attesa una autobiografia, sul cui contenuto già si favoleggia. L’argomento in questione è per niente banale. L’etichetta di “regista maledetto”, per Ferrara è assai riduttiva. «Da tempo avevo idea di scrivere un libro. Il coraggio però, mi era sempre mancato». Per La nave di Teseo, il memoriale «dovrebbe uscire nel 2023. Spero che Abel consegni a giorni», ammonisce l’editrice Elisabetta Sgarbi.
Signor Ferrara, il suo cinema ha spesso indagato la spiritualità.
Una esistenza priva di spiritualità è una vita senza speranza. Sono buddista. Quando ho iniziato ad approcciarmi a questa religione, ero ancora un tossico e un alcolista. Ormai sono sobrio da dieci anni. Prima la vita riguardava soltanto me, oggi non è più così. Le droghe ti impediscono di essere te stesso, ti mettono paura di vivere. Secondo il buddismo, nessuno è a questo mondo per soffrire.
Cosa ne pensa di Papa Francesco?
Mi piace il modo in cui Bergoglio sta cambiando l’approccio della Chiesa alla religiosità. Spiegare la vita e ciò che verrà dopo, è un percorso che questo Papa ha reso a tutti più comprensibile.
La religione è stata un argomento caro anche a Pier Paolo Pasolini. Il 2022 è il centenario della nascita del grande intellettuale e artista.
Non c’è dubbio che Pier Paolo Pasolini sia stato un uomo memorabile. Con la sua arte ha insegnato a tante persone. Questo regalo che ci ha fatto, gli ha permesso di restare vivo. Pasolini è qui, in mezzo a noi.
Nel 2014 gli ha dedicato il film “Pasolini”, che ha di recente raccontato al Pesaro Film Festival. Nel ruolo del titolo c’è Willem Dafoe. Con Harvey Keitel e Christopher Walken, Dafoe è uno degli interpreti in cui la sua filmografia meglio si identifica. È giusto parlare di attori feticcio?
No, non credo sia corretto. Ognuno dei miei maggiori interpreti ha portato qualcosa di diverso alla nostra comune esperienza sul set. Conosco molto molto bene ognuno di loro. Al cospetto di un ruolo chiave – come è successo ad esempio a Harvey Keitel per Il cattivo tenente –, quando un attore è intimamente legato al suo personaggio, ciò che si viene a creare è magia.
E gli attori italiani? Asia Argento, Chiara Caselli, Valerio Mastandrea, Stefania Rocca, Riccardo Scamarcio … ne ha diretti molti.
È stato davvero bello lavorare con loro. Dirigere artisti che si adoperano con così grande attenzione per la cultura, amplia molto le opportunità di un regista.
Fra i suoi meriti, l’abilità di lavorare bene con budget spesso molto contenuti.
Dato che nessuno ci ha messo i soldi, c’è più libertà e poche aspettative quando fai un film a zero budget. Girare in digitale è come trovarsi davanti a una equazione matematica. Invece, per fare un esempio, in The Addiction – Vampiri a New York (titolo cult del 1995 con Christopher Walken, fotografato in bianco e nero dal sodale Ken Kelsch ndr.) siamo riusciti a creare ombre argentate.
Per godere al meglio di queste accortezze estetiche, la fruizione di un film in sala rimane essenziale. Saranno i supereroi e gli autori a difendere i cinema dal dilagare dello streaming?
Io stesso, da giovane, amavo andarli a vedere. I film sui supereroi rappresentano il primo approccio con il grande schermo per tanti spettatori, anche bambini di sette-otto anni. Crescendo, potrebbero apprezzare pure altri aspetti della esperienza in sala.
Il suo “4:44 – Ultimo giorno sulla terra” è un film del 2011, in cui in nostro pianeta sembra prossimo alla fine. A che punto siamo?
Ho conosciuto pochissime persone che desiderassero l’apocalisse. Quando ero bambino, ricordo come gli adulti insegnassero a noi piccoli la paranoia verso la fine del mondo. Ciò che sta avvenendo ora è una terza guerra mondiale. Mi domando perché mai ci si debba ritrovare di nuovo oggi, sull’orlo di un olocausto nucleare. La mia soluzione a tutto ciò? Eccola! (Ferrara mostra un foglio bianco ndr.). È chiaro come io non abbia soluzioni.
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