L'intervista
Gianni Riotta: “von der Leyen chiama la sinistra italiana a un esame di responsabilità. Sulla difesa l’Europa deve diventare autonoma”

Gianni Riotta, giornalista di lungo corso, docente alla Luiss e alla Princeton University, è autore del podcast Riottoso. Da uomo di sinistra contesta al Pd di Schlein un indigeribile anacronismo rispetto alle sfide del tempo nuovo.
«La proposta della Presidente Ursula von der Leyen che evidenzia come ci sia un problema gigantesco di sicurezza per gli europei, chiama la sinistra italiana a un esame di responsabilità. Che è come quello di maturità, ma qui è politico. Dal 1945 a oggi siamo stati sotto l’ombrello di protezione americano. Quando Churchill proposte un esercito europeo l’inviato del Corriere della Sera era il poeta Eugenio Montale. Fu lui a scrivere di esercito europeo per la prima volta sul Corriere. Da allora il tempo è passato, l’esercito europeo non c’è, una difesa comune nemmeno. Malgrado ci siano due paesi europei con la deterrenza nucleare, l’Europa rimane sguarnita, indifesa. Da tutti i punti di vista: nei cinque domini, che sono terra, mare, cielo, spazio e rete, l’Europa non sa difendersi. Con la presidenza Trump e la diffidenza degli americani verso l’Europa, che iniziò prima di Trump, dobbiamo fare i conti con la realtà. Bisogna che l’Europa diventi urgentemente autonoma nella Difesa».
E la sinistra sta a guardare, inebetita, con la bandiera bianca in mano?
«Io sono un uomo di sinistra. Vedo che Bonelli e Fratoianni dicono no alla difesa europea. Conte è coerente, sta con Trump da sempre. Guarda a un mondo tripolare Mosca-Pechino-Washington da sempre. E allora il dibattito è tutto dentro il Pd. Dove da un lato ci sono Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Lia Quartapelle, Filippo Sensi che dicono che il piano von der Leyen va qualificato, precisato meglio, ma non bocciato. E poi c’è una parte del Pd, temo preponderante, che non sembra indirizzata ad approvarlo. Questa è una responsabilità enorme della segretaria Elly Schlein».
Tra l’altro tradendo lo spirito della manifestazione del 15 marzo a cui il Pd e Schlein hanno aderito.
«Sì, il 15 marzo ci sarà una importantissima manifestazione per l’Europa convocata da Michele Serra, alla quale io parteciperò in prima persona. È chiaro che ci deve essere un’Europa della democrazia, dell’economia, della cultura, ma se Putin dopo la Cecenia, dopo la Siria, dopo la Georgia, dopo l’Ucraina, deciderà di invadere i paesi Baltici, cosa farà l’Europa?»
Cosa dovrebbe fare l’Europa?
«Se vogliamo darci un futuro, dobbiamo avere ben chiaro il ruolo della sicurezza, della Difesa. Questo è oggi un salto di qualità necessario. Lo sviluppo del mondo si può avere anche in virtù degli investimenti militari, non è che bisogna produrre proiettili e baionette, bisogna investire nei satelliti e nella cybersecurity. Perfino internet è nata come Arpanet, era un brevetto militare. E allora investire in difesa significa investire in tecnologia, in scudo spaziale, in ricerca che abbia un dual use che crea lavoro e si riverbera in mille opportunità di uso civile. In Italia abbiamo tantissimi brand, tante eccellenze. Fincantieri, Leonardo e tanti altri. Un know-how incredibile. Ovvio che bisogna smettere di mettere i brand italiani, francesi, tedeschi a correre ciascuno per sé. Si coordinino. Concorrano a sviluppare una nuova tecnologia comune. Ci vorranno anni. Da subito bisogna coordinare le forze nazionali e portarle in un quadro europeo. I sistemi nazionali devono diventare sovranazionali e nel frattempo bisogna integrare la tecnologia».
Certo il Pd che era partito con quel suo Pantheon fatto da Enrico Berlinguer, che si sentiva protetto sotto l’ombrello Nato, e Alcide De Gasperi che prefigurava l’esercito europeo nel 1945, ora rimangia le sue stesse radici…
«Io spero profondamente di no. Spero che non lo facciano, e lo dico con grande affetto. Spero vogliano essere coerenti con l’intuizione degasperiana. Quando nacque la televisione del Pd, lanciata da Walter Veltroni, al Nazareno invitarono diversi giornalisti progressisti per lanciarla. Mi presentai solo io. Per dire con quale affetto parli. Visto che la sinistra francese, tedesca, spagnola sono schierate molto positivamente su ReArm Europe spero che i rilievi che vedo muovere dalla sinistra italiana siano solo metodologici. Se invece è un rilievo ideologico, c’è un problema. Direi grave».
Cosa deve fare la sinistra, a tuo avviso?
«Mi piacerebbe vedere una sinistra d’avanguardia che sappia stare dentro al nostro tempo e alle sue sfide nuove. Lavorare per il ruolo delle donne nelle forze armate. Al contrario di quello che vuole fare Trump, promuoviamo le donne ai più alti incarichi della difesa europea. Facciamo del futuro esercito europeo una occasione di integrazione multietnica, che sia anche un’occasione di ascensore sociale, così come sono state per l’Italia post-bellica le forze armate, i Carabinieri. Si insista per avere parità di diritti per tutti nei ruoli chiave della sicurezza, inclusivi, aperti. Anche per gli Lgbtq+, altra battaglia che vorrei vedere. Formazione delle leve per i paesi africani, che vengano da noi a formare nuovi quadri dirigenti, anche in ambito militare, informandosi alla democrazia e ai diritti».
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