«Napoli è abbandonata a se stessa. Bisogna ripartire dai progetti per Bagnoli, per Napoli Est e per il Molo San Vincenzo, sfruttando al meglio il Recovery Fund. Occorre creare sviluppo e occupazione: solo così la città sarà attrattiva agli occhi del mondo. Io candidato sindaco? Non lo so. Per ora metto al servizio della città le mie idee». Non scioglie le riserve il manager Riccardo Monti, presidente di Triboo e dell’Interporto Sud Europa, che al Riformista illustra la sua visione della città.

Al momento Monti ha «tanti progetti che metterà a disposizione di tutti» e non appoggia nessun candidato, nessun partito. È schierato solo per Napoli, anche se resta da capire in quale veste: da semplice cittadino, aspirante consigliere comunale o addirittura possibile numero uno di Palazzo San Giacomo? Si vedrà. Massimo riserbo anche sui nomi che, quasi certamente, vedremo andare alle urne alle prossime elezioni comunali.

Presidente, iniziamo in medias res: si candiderà a sindaco di Napoli come qualcuno sostiene?
«Dipende, non ho ancora deciso. È presto per dirlo, non sappiamo neanche quando si andrà al volo. Sicuramente rappresento un mondo che è stanco dell’immobilismo e dell’isolamento della città. Sono convinto che Napoli può e deve ripartire dai grandi progetti, dalla capacità di essere parte attiva delle filiere internazionali e dal suo potenziale di attrarre investimenti. In questo momento sto pensando ai bisogni della città e a mettere insieme una squadra capace di realizzare progetti importanti».

Parliamo di progetti, allora: quali sono i suoi per Napoli?
«Il primo progetto da realizzare è senz’altro Bagnoli. Sono 30 anni che parliamo di bonifica per fare il porto turistico e incentivare il mercato immobiliare, ma siamo completamente fermi. Bisogna intervenire anche su Napoli Est, lì ci sono già grandi società come Q8 che hanno voglia di fare progetti di sviluppo, ma sono sempre state frenate dall’inerzia del Comune. C’è anche il progetto del waterfront, fermo senza motivo da dieci anni e che invece deve ripartire».

Insomma molti progetti al palo, come mai secondo lei?
«L’esempio più eclatante dell’immobilismo della città è rappresentato da Bagnoli. Lì l’errore principale è stato non coinvolgere i privati in maniera adeguata. Se venticinque anni fa l’amministrazione avesse coinvolto i privati, oggi Bagnoli sarebbe operativa: bisogna sdoganare questa convinzione che il pubblico è “bello” e il privato è “cattivo”. Per Bagnoli immagino la realizzazione di un grande polo turistico e di una città dedicata alle scienze del mare. Per dare concretezza a queste iniziative serve un mix di elementi che attraggano investitori e interrompano quest’inerzia. Adesso, con il Recovery Fund, abbiamo un’occasione straordinaria per realizzare tutto ciò».

A proposito di Recovery Fund, qual è la strategia per utilizzare al meglio i fondi che arriveranno e ridurre il rischio di sprecare un’occasione così importante per il Sud?
«Il Recovery Fund ha dei vincoli temporali molto stringenti, le nostre amministrazioni sono sempre state inefficienti. La sfida vera sta nel rispettare i tempi e nel realizzare i progetti essenziali. Penso alle infrastrutture, per esempio: al Sud siamo molto lenti nel realizzarle, ora abbiamo un limite di cinque anni, il rischio che si perdano soldi è quindi molto alto. Bisogna studiare bene i processi di costruzione ed evitare che per comodità si dirottino i soldi altrove, lì dove le procedure sono più veloci».

Al netto di tutti questi progetti, che città immagina?
«Napoli dovrà diventare un grandissimo polo di attrazione: dovrà attirare turisti, ma anche far tornare i tanti napoletani che sono andati altrove. Immagino Napoli come il luogo ideale per la nascita di start-up. Una città dove logistica, aerospazio, food, tecnologie innovative lavorino insieme per creare sviluppo e lavoro».

Non sapendo se lei si candiderà a sindaco, questi progetti potrebbero essere realizzati da altri: Antonio Bassolino, Alessandra Clemente e forse Catello Maresca. Che opinione ha dei candidati?
«Nessuna. Posso dire che ho un buon rapporto con tutti e tre. Ora, però, non mi interessa “chi” ma “cosa”: da cittadino mi interessano le idee, non i nomi».

Mettiamo da parte i nomi, allora. Quali caratteristiche dovrebbe avere il sindaco ideale?
«Alla guida di Napoli vorrei vedere una persona di esperienza, che sappia già amministrare bene, aperta al dialogo e con uno sguardo al mondo: Napoli deve tornare una grande capitale con vocazione internazionale. E ha tutte le capacità per poterlo fare».

Il prossimo sindaco dovrà fare i conti con un disavanzo di quasi tre miliardi di euro. Suggerimenti per amministrare una città che di fatto è in dissesto finanziario?
«Finora c’è stata una gestione pessima del patrimonio immobiliare e della riscossione delle multe. Il prossimo sindaco dovrà dimostrare di saper gestire bene la macchina comunale e di avere idee chiare su come spendere al meglio le risorse. Dovrà chiedere aiuti e spalmare il debito in 30 anni, ma per fare questo deve dimostrare di aver innescato un procedimento virtuoso della spesa».

Rumors dicono che lei sia stato corteggiato dal centrodestra. La sensazione, però, è che lei abbia preso un po’ le distanze dai partiti e che, qualora dovesse scegliere di candidarsi, lo farebbe da solo. Conferma?
«In questo momento penso solo a cosa serve alla città. Mi concentro su cosa realisticamente si può fare qui. Adesso sto lavorando per proporre un progetto molto articolato, non importa chi lo farà ma che venga fatto. Senz’altro i partiti sono importanti per avere un cambiamento e un impatto reale sulla città».

Quindi non si sente vicino a qualche schieramento?
«No. Appoggerò chi sposerà il mio progetto per la città».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.