C’è una storia millenaria che unisce iraniani ed ebrei. Dai tempi di Ciro il Grande, che liberò gli ebrei dalla schiavitù babilonese, fino alla regina Ester, figura chiave nella salvezza del popolo ebraico in Persia. Un legame fatto di rispetto, alleanze, civiltà condivisa. Una storia che continuò anche nel XX secolo: Iran e Israele furono partner strategici, economici e militari, uniti dalla volontà di modernizzare il Medio Oriente. Poi arrivò il 1979. La Rivoluzione islamica spezzò quell’alleanza millenaria e diede inizio a un incubo che dura ancora oggi. La Repubblica islamica ha fatto della distruzione dello Stato d’Israele un pilastro ideologico. “Il piccolo Satana” (Israele) prima, “il grande Satana” (gli Stati Uniti) poi. Non è propaganda, è dottrina. Lo slogan più ripetuto durante la guerra con l’Iraq era “La strada per Gerusalemme passa da Karbala”. Più recente, ma non meno delirante: “Dopo la liberazione di Gerusalemme, trasformeremo la Casa Bianca in una moschea”.

L’attacco del Sabato Nero

Questo non è un conflitto locale. È una guerra globale contro la civiltà occidentale. La Repubblica islamica finanzia e arma Hamas, Hezbollah, la Jihad islamica, gli Houthi yemeniti. Secondo fonti statunitensi e israeliane, Teheran ha fornito ad Hezbollah almeno 150mila razzi e versava oltre 100 milioni di dollari all’anno ad Hamas prima del 7 ottobre. L’attacco del Sabato Nero è solo l’ultimo episodio di questa strategia: Israele accerchiato da milizie proxy del regime degli ayatollah. E qui, ancora una volta, i destini di israeliani e iraniani si incrociano. Israele combatte per la propria sopravvivenza. Ma ogni colpo inferto ad Hezbollah, Hamas e agli Houthi è anche una vittoria per il popolo iraniano, da oltre quarant’anni ostaggio degli ayatollah.

La vera natura del conflitto

Un regime salito al potere anche grazie al “matrimonio maledetto tra comunisti e islamisti”, quella maledizione “rosso-nera” che oggi ritorna: una certa sinistra occidentale che legittima i terroristi e sostiene regimi autoritari come quello in Iran o quello russo. In Occidente si continua a ignorare la vera natura di questo conflitto. I dati sulle vittime a Gaza vengono riportati come verità assolute, sebbene forniti da Hamas, cioè da un’organizzazione terroristica. Lo stesso errore si commetteva con le proteste in Iran, quando media e Ong occidentali riportavano i numeri ufficiali del regime, ignorando la propaganda di Stato. Israele oggi combatte una guerra esistenziale, anche per l’Occidente.

La diaspora iraniana

Come l’Ucraina, difende i valori del mondo libero. E mentre combatte, l’Occidente si volta dall’altra parte. Prima i proclami, poi la stanchezza, infine il silenzio. E dopo il silenzio, l’Occidente comincia persino a schierarsi con Hamas. Prova ne è che Israele ha accettato la tregua proposta dagli Stati Uniti, Hamas no. Eppure, le pressioni internazionali si concentrano su Israele. L’ossessione antisemita/antisionista di Teheran sta contagiando anche l’Europa. Iraniani e israeliani condividono oggi un nemico comune e anche un futuro comune. In tutto il mondo, la diaspora iraniana ha manifestato al fianco degli israeliani, spesso subendo violenze da parte dei militanti pro-Palestina. Perché lo ha capito meglio di chiunque altro: la Repubblica islamica e i suoi alleati jihadisti non si possono riformare. Si possono solo abbattere. Solo la fine del regime degli ayatollah e la sconfitta dei suoi proxy potranno aprire la strada a un nuovo Medio Oriente. Un Medio Oriente in cui Iran, Israele, Arabia Saudita e i Paesi del Golfo Persico collaborano per costruire stabilità, prosperità e libertà. È una battaglia che riguarda tutti noi: israeliani, iraniani, europei, americani. E in gioco non c’è solo il destino del Medio Oriente. C’è il futuro del mondo libero.

Ashkan Rostami

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