La normalizzazione
Joe Biden mette al centro i diritti cancellati: tassare i ricchi e aiutare i poveri
Un paio di settimane fa George Stephanopoulos della Abc ha chiesto a Biden se fosse “saggio” aumentare le tasse proprio in un momento in cui l’economia è indebolita dalla crisi pandemica. Biden ha risposto: “Assolutamente sì”. Ha poi ricordato che un’analisi di Moody’s dimostra che il suo piano fiscale creerebbe posti di lavoro e aumenterebbe il Pil e che i miliardi di tagli fiscali di Donald Trump hanno favorito appena l’1% degli americani più ricchi. Il programma di Biden prevede infatti di aumentare l’aliquota dell’imposta sulle società dal 21% al 28%; di tassare le plusvalenze degli investitori a tassi di reddito normali per coloro che guadagnano più di un milione di dollari; di aumentare il tasso massimo dal 37% al 39,6%; di salvaguardare gli americani che guadagnano meno di 400mila dollari l’anno da nuovi aumenti fiscali. Tutto il contrario rispetto a Trump che ha tagliato le tasse federali di oltre due trilioni di dollari nel 2017 e promette un secondo round di tagli alle tasse in caso di rielezione.
Le proposte di Biden, tuttavia, non arrivano fino ai circa 30 trilioni di dollari di tasse auspicati dal senatore Bernie Sanders e dall’ala radicale del partito per finanziare l’assistenza sanitaria universale e altri programmi sociali. Questa politica ha fatto breccia in molti ambienti economici e finanziari che apprezzano l’ex vicepresidente di Obama per il suo profilo pragmatico e moderato. Ultimo ma non ultimo l’autorevole settimanale The Economist che proprio nell’ultimo numero ha pubblicato il suo endorsement per l’anziano leader democratico con un titolo inequivocabile: “Why it has to be Joe Biden”. D’altra parte, i democratici assicurano che i piani di intervento fiscale del candidato alla Casa Bianca sono indirizzati esclusivamente alle imprese e agli americani benestanti che si sono rapidamente ripresi dalla recessione del coronavirus, mentre il restante ceto medio resterebbe salvo. Il motivo è presto detto: l’attuale ripresa è la più diseguale nella storia degli Stati Uniti.
Come spiega infatti il Washington Post, «la perdita di posti di lavoro a causa della pandemia ha colpito in modo schiacciante i lavoratori delle minoranze a basso salario. Sette mesi dopo l’inizio della crisi, alle donne e agli uomini di origine afroamericana e alle madri dei bambini in età scolare serve più tempo per riconquistare il proprio impiego». Così, mentre la devastazione economica colpisce la fascia di popolazione più precaria, c’è un 25% di cittadini benestanti che sta ampiamente recuperando la posizione che aveva prima della crisi: su questa disparità di condizioni Biden ha promesso di intervenire. «Nelle recessioni precedenti, la classe degli investitori è stata colpita insieme alla classe lavoratrice. Ma se sei nella classe degli investitori, non c’è affatto recessione in questo momento», avverte Jim Kessler, vicepresidente esecutivo per le politiche presso Third Way, un think tank centrista di orientamento democratico. E assicura: «Aumentare le tasse sulle persone molto ricche non avrà alcun effetto negativo su questa particolare ripresa».
Per cominciare, Biden vuole lanciare un piano federale per combattere il coronavirus: rendere ampiamente disponibili test gratuiti, eliminare le barriere economiche alla prevenzione e al trattamento del Covid-19, sviluppare un vaccino sicuro, rafforzare la capacità della sanità pubblica americana di gestire le crisi future e rinnovare i permessi di emergenza retribuiti per coloro che hanno bisogno di restare a casa dal lavoro per motivi di salute. Al centro del piano Biden sono anche gli investimenti su larga scala in infrastrutture, ricerca e sviluppo e istruzione che stimolano la crescita della produttività nel tempo insieme alla drastica riduzione del numero di americani privi di assicurazione sanitaria nel solco segnato dall’Obamacare. Una vera svolta rispetto alle politiche di Trump.
La strategia di Biden include poi una continua e rapida espansione delle energie rinnovabili, ma il candidato democratico è notoriamente un pragmatico, consapevole del fatto che l’energia solare ed eolica non possono ancora fornire il 100% del fabbisogno energetico degli Stati Uniti nel prossimo futuro. Infine, è assai probabile che Biden cercherà di ripristinare il tradizionale ruolo internazionale dell’America con una serie di mosse: mantenere gli Usa nell’Organizzazione mondiale della sanità, aderire di nuovo all’accordo sul clima di Parigi, rispettare gli accordi internazionali. Jeffrey Frankel, professore dell’Università di Harvard, in passato consigliere economico del presidente Bill Clinton, assicura: «Le performance dei presidenti democratici del dopoguerra per l’economia degli Stati Uniti sono state migliori rispetto a quelle dei presidenti repubblicani. Ci sono tutte le ragioni per credere che la tendenza continuerà se Biden vincerà il 3 novembre». L’ultima parola tocca adesso agli elettori.
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