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Medio Oriente
La democrazia degli Stati Uniti ostaggio nei tunnel di Gaza: Trump e Harris ambigui con gli elettori
La vittoria di Hamas metterebbe in forte discussione il ruolo degli Usa come guida principale dell’Occidente. Eppure sia Trump che Harris restano ambigui: così gli elettori ignorano le conseguenze della guerra in Medio Oriente
Non bisognava arrivare all’altro ieri, all’ennesimo rifiuto opposto da Hamas all’ennesimo tentativo di accordo per la liberazione di alcuni ostaggi, per capire ciò che è chiaro da sempre: e cioè che i mandanti e gli esecutori dei massacri del 7 ottobre non accetteranno mai nessuna soluzione che preveda la loro rinuncia al governo su Gaza.
La pretesa che Israele si ritiri e cessi le proprie operazioni nella Striscia – condizione posta da Hamas alla base di qualsiasi compromesso – non ha nulla a che fare con una richiesta di sollievo, tanto meno in favore della popolazione civile, che dia spazio e tempo per l’assestamento di una prospettiva di pace. Al contrario, quella pretesa tradisce l’ambizione di Hamas di continuare a esercitare su Gaza il potere che ha usurpato in modo sanguinario ormai molti anni fa, e che dall’inizio del conflitto è protetto e perpetuato in modo terroristico con l’uso di due “asset” irrinunciabili: la popolazione civile palestinese e gli ostaggi israeliani.
Nei mesi della corsa alla presidenza Usa si sono affastellate non si sa più quante bozze di accordo, tutte puntualmente respinte da Hamas perché pericolosamente, per quanto in modo vago, preconizzavano un futuro di Gaza sottratto al giogo delle dirigenze genocidiarie palestinesi che ne hanno fatto il proprio latifondo, l’enorme bubbone che ha generato l’esercito di macellai del 7 ottobre. L’amministrazione di Joe Biden ha solo tardivamente, e spesso malamente, contribuito a rendere esplicito che ogni ipotesi di soluzione dovesse almeno mirare alla completa destituzione di Hamas, se non già a darla per condizione pregiudiziale. Un’ambiguità che avrebbe contaminato la linea di quella gestione fino ai più recenti discorsi di Kamala Harris, largheggianti in impegni per la fine delle ostilità, per l’assicurazione di un futuro pacificamente autodeterminato del popolo palestinese, ma senza il più tenue accenno al fatto che si tratterebbe di impegni vuoti se a riempirli di effettività non fosse l’eradicazione di Hamas.
Gli elettori americani sono andati al voto senza ricevere indicazioni chiare su una faccenda che li avrebbe coinvolti più fortemente se fosse stata loro rappresentata in modo diverso, e cioè senza le grossolanità tribunizie di Donald Trump e senza le esibizioni anguillesche della sua avversaria. Non era solo la nazionalità statunitense di alcuni ostaggi a muovere la commozione del pubblico quando la loro sorte era evocata in questo o quell’evento elettorale: ed era pressoché identica a prescindere dal fatto che l’uditorio fosse democratico o repubblicano. E tra i tanti segni di inaderenza della campagna per l’avvicendamento presidenziale c’è anche questo, lo sfibrato atteggiamento della prima potenza democratica rispetto a una vicenda che dovrebbe implicarla ben più intensamente non perché da qualche parte in Medio Oriente c’è un alleato sotto attacco, ma perché anche la democrazia degli Stati Uniti è tenuta in ostaggio nei tunnel di Gaza.
Questa è una verità che gli statunitensi, democratici e repubblicani, sarebbero stati disponibili a cogliere se il dibattito pubblico nel loro paese non fosse stato turbato dall’incapacità di riaffermarla con la dovuta forza. Era e continua a essere una verità negletta anche negli Stati Uniti perché anche lì, come altrove, è stato sottaciuto o svilito il vero significato che avrebbe una vittoria di Hamas: e cioè l’impianto di un sistema fondamentalista e genocidiario non in forma e nei limiti di una ridotta, ma a guisa e con le promesse aggressive di un avamposto. Che il prezzo di un simile esito vada sul conto del piccolo paese che ne sarebbe distrutto, e non su quello dell’Occidente di cui gli Stati Uniti vogliono essere guida, è l’idea che ha reso così accidentato il percorso di un anno di guerra e così poco chiaro il contegno dei due pretendenti in faccia ai rispettivi elettorati. C’era probabilmente, su questa vicenda, un’America migliore, a destra e a sinistra, rispetto ai due avversari che se ne contendevano il voto.
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