La città-mondo
La festa del Napoli campione, i mille culure tinti d’azzurro: il quarto scudetto della città che non dorme mai

Napoli è una città-mondo, qualcosa che non si capisce davvero se non vi si è nati. È una corda di chitarra che vibra in un pezzo di Pino Daniele e il sorriso triste di Massimo Troisi. È l’estetica originale da Oscar con un velo vomerese di Paolo Sorrentino e quella del “falso-originale” che replica ogni cosa. È lo sguardo sempre un po’ perplesso di Toni Servillo e quello accondiscendente di Silvio Orlando. È la genialità dei the Jackal e lo spirito di sopravvivenza di tanti ragazzi che si inventano un lavoro pur di non emigrare. È la pernacchia elegante di Eduardo De Filippo, attimo leggero in un teatro denso di pensieri, e i cafoni col pallone sotto braccio cantati da Tony Tammaro.
È la violenza cieca narrata in Gomorra, la crassa ignoranza della criminalità, e l’alto pensiero di Luciano De Crescenzo e Aldo Masullo. È la povertà arrogante di chi non ha coraggio, e quella onesta vestita solo di un jeans e ‘na maglietta cantata da Nino D’Angelo. È i ragazzi di “Mare fuori”, ma quelli veri, in cerca di riscatto da dietro le sbarre di Nisida o il caffè della cooperativa di carcerate-Lazzarelle. È una camminata in mezzo a vicoli dove non passa luce e la vista infinita sul golfo che si vede da San Martino. Sono le liriche di Davide Petrella che, con le sue parole, vince il Festival di Sanremo e la voce rauca da strappare il cuore de La Maschera o quella in autotune di Liberato. Sono i muri millenari di tufo estratto da un sottosuolo fatto di caverne e la tristezza dei palazzi-alveari degli anni ’60 de “Le mani sulla città”.
È il mare che non bagna di Anna Maria Ortese e gli scugnizzi che si tuffano nell’acqua cristallina di Marechiaro fotografati da Ciro Pipoli. È una bestemmia perché non funziona mai nulla e il senso di ansia quando si va all’estero e non si vede neanche una carta per terra. È la mimica fluida da contorsionista di Totò e la ieratica e ferma bellezza di una statua di marmo al Museo Archeologico. È la politica senza visione che prende i voti solo grazie ai favori e quella capace di realizzare la metropolitana che è un’opera d’arte di architettura e d’ingegneria. È un cavallo di Mimmo Paladino che si staglia fiero su un mare infinito di case e una altrettanto sterminata distesa di abusi: tanto qui signo’ nessuno dice niente. È il disagio sociale raccontato da Elena Ferrante e i ricchi “leoni al sole” di Raffaele La Capria.
È una stradina che profuma d’estate a Posillipo e l’inferno di cemento delle sconfinate periferie. È una foto in bianco e nero di Mimmo Jodice e i mille culure che sono diventati all’improvviso un’unica sfumatura di azzurro. È la “mano di Dio” di uno straniero nato povero, poi ricco, poi leggenda (Maradona), e la mano tesa per tutti quelli che vengono da fuori e non hanno niente.
Napoli è una città che davvero non dorme mai, con sempre qualcuno per strada, e che vive una primavera dello spirito, della letteratura, del cinema, della musica, della cultura. Per questo tutti la vogliono visitare, per vedere da vicino ‘sto fenomeno. E ora è anche Campione d’Italia, di un Paese sgangherato, storto, ingiusto, eppure bellissimo e unico. Di cui Napoli, per qualche giorno, è Capitale.
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