Sono passati sette mesi dall’inizio delle violenze in Sudan che hanno scaraventato lo stato africano in una vera e propria guerra civile. Anche se gli occhi del mondo sono ormai puntati sul Medioriente a Khartoum il conflitto non si è mai veramente fermato e tutti i tentativi di mediazione per un duraturo cessate il fuoco sono falliti. L’ultimo è stato in Arabia Saudita, un paese che fin dall’inizio si è speso per trovare una soluzione alla drammatica situazione sudanese, ma con pochissimi risultati concreti. Un mese fa due delegazioni rappresentative dell’esercito governativo e delle Forze di Supporto Rapido si sono incontrate ad Addis Abeba, sotto l’egida dell’Unione Africana, ma anche questo incontro non ha prodotto nessun risultato concreto.

Il generale al-Burhan, a capo dell’esercito regolare sudanese, ha denunciato le azioni delle milizie guidate dal generale Dagalo, detto Hemeti, come crimini contro la popolazione sudanese, ma le accuse rimbalzano da ambo le parti. Negli scorsi mesi l’esercito regolare, forte dell’appoggio dell’aviazione, sembrava in vantaggio ed in grado di prendere il controllo delle principali aree del paese, ma con il passare delle settimane i miliziani hanno continuato a ricevere armi e sostegno dal Wagner Group, mantenendo tutte le loro posizioni. Le truppe governative hanno però ripreso il controllo di tutta la zona costiera, ma restano due aree fortemente contese e combattute. La capitale Khartoum vede scontri quasi quotidiani e quartieri che sono controllati dalle milizie delle Forze di Supporto Rapido. La parte nord della grande città è totalmente nella mani dei ribelli, ma al-Burhan tiene l’aeroporto e quasi tutte le vie di comunicazione con l’esterno. Hemeti ha il controllo della strade che porta ad ovest determinante per raggiungere il Darfur, l’atra regione dove si combatte duramente.

Proprio in Darfur le Forze di Supporto rapido hanno il loro quartier generale ed è qui che sono nati i janjaweed, i cosiddetti diavoli a cavallo che si sono poi trasformati in queste violente milizie guidate dal generale Hemeti. Tranne il capoluogo regionale al-Fasher, l’intero Darfur è saldamente nelle mani dei ribelli che stanno attuando un’autentica pulizia etnica ai danni delle popolazioni africane della regione. Il Darfur ha già conosciuto in passato la violenza delle tribù arabe che armate ed organizzate dal governo di Omar al-Bashir avevano attaccato le tribù africane. Sono  migliaia i profughi  che hanno dovuto abbandonare i propri villaggi fuggendo nel confinante Ciad, che sta facendo fatica ad accogliere la popolazione che scappa dalla guerra. Arab News ha riportato che la Forze di Supporto Rapido stanno arruolando mercenari da vari paesi africani, soprattutto da Libia, Ciad e Repubblica Centrafricana. Il martoriato Darfur è così diventato il nuovo fronte della guerra sudanese con soldati di ventura, il Wagner Group ed enormi interessi petroliferi e geo-strategici.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi