L’arrivo dell’ex presidente congolese Joseph Kabila a Goma, nelle aree conquistate dal Movimento ribelle M23, getta la maschera di chi ci sia realmente dietro a questi miliziani. Kabila che da due anni non tornava nella Repubblica Democratica del Congo era stato più volte accusato di essere il burattinaio insieme al Ruanda del successo dell’M23 ed il suo arrivo a Goma, attraverso la frontiera ruandese sembra aver sciolto ogni dubbio.

Nei mesi scorsi a Joseph Kabila è stata revocata l’immunità come ex presidente ed il suo partito è stato dichiarato illegale con una serie di arresti della sua dirigenza. Il Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD) è stato accusato di ambiguità rispetto ai ribelli che negli ultimi mesi hanno conquistato le province orientali del grande paese africano e che controllano una zona abitata da circa 4 milioni di persone. In un video su Youtube l’ex presidente congolese ha accusato Felix Tshisekedi di aver instaurato una dittatura e che in Congo c’è un autentico declino della democrazia.

I vertici del movimento M23 si sono detti lieti di accogliere Joseph Kabila che è persona benvenuta nelle aree liberate della nazione. Il colonnello Lawrence Kayuka, portavoce del M23 ha parlato di un governo di Kinshasa completamente screditato e che è arrivato il momento di diventare loro il legittimo governo del popolo congolese. Innocent Mirimo, leader locale del PPRD, ancora attivo nel Kivu occupato, ha dato il benvenuto a Kabila definendolo un padre della nazione e l’unica salvezza per la Repubblica Democratica del Congo. L’ex presidente ha guidato il paese per 18 anni dopo essere succeduto al padre Laurent assassinato nel 2001, per aver cercato di distaccarsi dal cappio ruandese che voleva continuare a dominare il Congo.

Le autorità di Kinshasa accusano Kabila di crimini di guerra e tradimento, sostenendo che esiste una “consistente serie di documenti, testimonianze e fatti materiali” che collegano l’ex leader all’M23. Nonostante le smentite ufficiali dell’ufficio dell’ex presidente il suo arrivo a Goma toglie ogni dubbio nel comprendere da quale parte si sia schierato. Il portavoce del governo congolese, Patrick Muyaya, ha respinto le accuse di Kabila, affermando che non aveva “nulla da offrire al Paese” e che si dovrebbe vergognare di appoggiare un gruppo di criminali pagati e armati dal Ruanda. L’arrivo di Joseph Kabila però ha un peso politico orchestrato ancora una volta del presidente ruandese Paul Kagame. La sua presenza potrebbe portare all’istituzione di un governo parallelo guidato da lui, alternativo all’esecutivo di Felix Tshisekedi, per puntare alla secessione delle province orientali formate dal Kivu del Nord, Kivu el Sud e dall’Ituri. Intanto l’M23 ha già nominato sindaci ed amministratori dimostrando di voler restare a lungo in questa regione. Una secessione sarebbe soltanto l’ennesimo dramma per il popolo congolese che in 30 anni ha visto 5 milioni di morti e 25 milioni di profughi.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi