Premessa: l’autore di questo pezzo non sa se la ministra del Turismo sia responsabile o meno dei reati che le vengono contestati, e a dire proprio la verità, non gli interessa neanche troppo. Svolgimento: diciamocelo in tutta franchezza, intimamente abbiamo già condannato Daniela Santanchè e non tanto per le sue aziende, per Visibilia, per il Covid, per i dipendenti, e per tutte le altre possibili nefandezze. L’abbiamo condannata a prescindere, come per tanti anni hanno fatto anche quelli di Fratelli d’Italia.

L’abbiamo condannata perché è lei, sguaiata, irriverente, eccessiva, lontana dai modelli che la vecchia e nuova cara sinistra continua a prediligere, quel bon ton, che odora un po’ di parrocchia, ed un po’ di Occupy Pd, assomiglia troppo alla signora Mazzalupi, la moglie di destra, immortalata nel mitico film di Paolo Virzi ‘Ferie d’agosto’. E Dio non voglia che ce la troviamo accanto a Ventotene, noi che tutti i pomeriggi, dopo il mare, andiamo a meditare in piazzetta alla libreria Ultima Spiaggia. Oh, ho detto Ventotene, non Capalbio, che in Maremma, la senatrice rischiamo di trovarcela accanto per davvero, magari dopo un aperitivo a Porto Ercole. Che poi Daniela è nata a Cuneo. «Sono un uomo di mondo, ho fatto il militare a Cuneo», diceva Totò prevedendo già la nascita della nostra beniamina.

L’abbiamo condannata per il Twiga, per le code che si formano in Versilia davanti al suo locale, perché molti vorrebbero entrarci anche fosse solo per curiosità, ma pochi di noi ‘buoni’ lo fanno per davvero, probabilmente soltanto per timidezza, che poi magari ci divertiamo e lo preferiamo a quel triste pub che frequentiamo a Fiumetto, con i turisti in ciabatte e canotta. L’abbiamo condannata per come si veste, per i suoi colori, che l’armocromista va bene in fondo solo per la compagna Elly, che l’armocromista ce l’ha a Bologna, per i suoi amici, perché ci ricorda Fini, Berlusconi ed ora pure Giorgia Meloni. Abbiamo già depositato la sentenza, perché vuoi paragonare Laura Boldrini, Livia Turco, Susanna Camusso, al massimo pure Giovanna Melandri, politiche esperte, serie, rigorose, monocromatiche, che in qualche modo intercettano sempre i nostri ‘valori’. Anche Livia Turco? Sì, anche Livia Turco.

E poi Daniela è sborona, hai visto che razza di tende ha messo nel suo stabilimento balneare? Una volta è stata pure condannata ad abbattere gli ecomostri dal Comune di Pietrasanta, no, non era sindaco il Mallegni, che è amico suo ma quello subito prima o subito dopo, di sinistra eh, è una che si diverte, e ce lo racconta pure, mentre noi, poveri diavoli, siamo in autostrada incolonnati sulla Viareggio- Lucca o seduti in sala d’attesa del veterinario, perché il nostro cane ha avuto una crisi epilettica. E mentre il cane rantola, Daniela balla a piedi nudi sulla sabbia, che quando lo facciamo anche noi, pensiamo a Jane Fonda nel parco.

La odiamo, perché abbiamo letto avidamente tutti gli articoli scandalistici che la riguardano, sappiamo tutto della fine della sua relazione con Alessandro Sallusti, buono anche quello, te lo raccomando. E che dire del compagno attuale, uno che ha dodici nomi, un principe, che poi non si sa se sia principe o meno, hai letto Repubblica? 8 anni meno di lei, quando Sora Gisella si accompagna con un partner calvo, che ha 10 anni più di lei, fuma in continuazione e russa pure la notte (e non l’ha mai portata al Twiga).

E tanto per abbondare, che è meglio di deficere, è stata compagna di scuola di Flavio Briatore, ma Briatore chi? Il padre di Falco? Sì, quello lì che ora scrive pure per Il Riformista. Falco, ti rendi conto, e noi dovremmo credere alla compagna di scuola del padre? Via siamo seri, non scherziamo, non ci si crede neanche per un istante. E tanto per continuare a dirci la verità, abbiamo intimamente goduto a seguire lo show dei dipendenti con Giuseppe Conte che faceva la boccuccia. Oh, ma com’è sexy quando si trasforma in un giudice del popolo.

Intanto Daniela è già virtualmente al gabbio, rea di aver infranto una lunga serie di buone prescrizioni morali. Però il processo, sia chiaro, non vogliamo perdercelo, che chissà come si veste la ‘Santadeche’. E poi quest’estate, vado a bermelo un mojito al Twiga, che anche basta con quel bar sul lungo canale a Viareggio, dove al massimo ho parlato con qualche avvocato in libera uscita. Ho deciso, vado al Twiga per vederla per lo meno un po’ sofferente e soprattutto monocromatica, come una qualsiasi Livia Turco che piange. Allora sì che ci piacerebbe Daniela Santanchè, una senatrice con le infradito e la maglia di Zara, che come massima catarsi, si trasferisce al bagno Paradiso, in passeggiata!

Phil

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