il Ponte
La politica siciliota pensa al dialetto lingua ufficiale ma anche a Calcutta sanno che le palle di riso hanno un nome diverso tra Palermo e Catania

È notizia di questi giorni che il vero dibattito all’Assemblea regionale siciliana non sia sulla siccità, sui dissalatori, sui termovalorizzatori ancora assenti, sui cambiamenti climatici che gravi possono generare senza risposte all’agroalimentare siciliano, sul fatto che i treni tra Palermo e Catania non ci sono più e non si sa quando riappariranno, ma sul disegno di legge che promulgherà la lingua siciliana come lingua ufficiale della regione.
L’operazione è stata subito bocciata come ideologica e dannosa per i vari dialetti siculi, più siciliota, dalla crasi con il termine idiota, derivante dal greco, che sicula. Perché, sostengono i linguisti studiosi dei dialetti locali, il siciliano non è la lingua sarda, non esiste uniformità di lessico ed espressioni nelle varie parti dell’isola, la stessa cosa viene chiamata in maniera diversa a seconda delle latitudini, in una regione, che ricordiamo, è la più grande, è quindi difforme, d’Italia. Lo sanno pure a Calcutta che tra Palermo e Catania chiamiamo in maniera differente le famose palle di riso ripieno fritte, ma ovviamente c’è molto di più.
Quando nel vocabolario siciliano, o meglio siciliota, troveremo il termine “pacchione” si intenderà un maschio particolarmente obeso o una femmina di rara bonaggine? Qui, per esempio, oltre al significato muta pure il genere. Oppure per quel fenomeno di riso incontrollato senza apparente giustificazione useremo l’accezione palermitana “sivo” oppure il catanese “liscìa”. Nemmeno le radici delle parole sono uniformi in tanti casi, e questo solo paragonando i dialetti delle due principali città, se allarghiamo il campionamento a tutte le province, e poi ai comuni, praticamente capiremo che trovare una lingua siciliana è più fallimentare dell’esperanto che non parla nessuno. Se chiedete ad uno di Bagheria cosa è un “cunotto” vi risponderà che probabilmente trattasi di una bevanda gassata, se ad un trapanese chiedete se è “matelico” vi guarderà come se gli parlaste in aramaico. La verità è che noi siciliani siamo assai “semu quanto a gemmania “si direbbe sotto il vulcano, l’Etna, perché sotto lo Stromboli non vi capirebbero, e pure estremamente differenti, difformi e disinteressati ad essere omogenei.
Che ci vogliano omologare per legge, e non occuparsi di cose serie che interessano ai cittadini siciliani, è frutto dell’idiozia, da “idios” in greco antico ‘particolare, che sta a sé’, aumentando la crasi tra la popolazione e la sua inconcludente classe dirigente. Se invece ci si occupasse della dispersione scolastica, che in Sicilia galoppa più del PIL, forse farebbero qualcosa di buono, magari aumentando l’investimento su lingue straniere utili per trovare lavoro. A meno che non vogliamo per legge assumere tutti i nostri figli alla Regione Siciliana, dove entrerebbero per concorso scritto in siciliano.
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