Il caso delle lezioni sospese a Bologna hanno fatto il giro del web. Una studentessa, Silvia, si è presentata in aula sprovvista di Green Pass. Appena la professoressa Luisa Lugli, docente di psicologia cognitiva, che in quel momento era in cattedra lo ha saputo, prima ha invitato la studentessa a uscire dall’aula, poi, alla sua insistenza ha sospeso la lezione. “Ho dovuto applicare il protocollo dell’Università”, ha spiegato la docente.

Ma la faccenda non finisce qui. Silvia non aveva il Green Pass – il certificato vaccinale che attesta la vaccinazione, un tampone negativo o la guarigione recente dal coronavirus – e non perché lo avesse dimenticato ma per quella che definisce un’azione di “disobbedienza”. Avrebbe potuto seguire le lezioni da casa, in Didattica a distanza, ma non in presenza. E invece niente: è rimasta in aula e ha aperto il caso.

La prof ha raccontato a Repubblica che non aveva mai visto prima quella ragazza, né prima né dopo quel clamoroso episodio. “Ho riavuto lezione il giorno dopo, e anche oggi, e la ragazza non si è più presentata. Penso fosse la prima volta che veniva al mio corso, quantomeno in presenza”, ha detto. Invece Silvia in piazza aveva raccontato diversamente quella che ha definito un “giorno di straordinaria follia all’università”.

“Dall’inizio delle lezioni non ho aderito all’infame tessera verde, uno strumento di controllo e discriminazione – ha raccontato Silvia in piazza – Mi sono sempre presentata ma sono stata invitata ad uscire perché non ho il diritto di seguire le lezioni che la mia famiglia paga con una generosa ed esagerata somma di tasse annuali”.

Poi Silvia ha raccontato di essere stata anche aggredita verbalmente dagli altri studenti, di aver subito minacce e addirittura che qualcuno le avrebbe chiesto il rimborso del biglietto del treno. “Che io abbia visto non c’è stata nessuna aggressione, soltanto uno scambio di opinioni contrastanti. Anche perché, se fosse avvenuto in aula, chiaramente sarei dovuta intervenire”, ha detto la prof.

La prof ha continuato spiegando che era la prima volta che le è capitato di dover interrompere la lezione e, con gran dispiacere, mandare a casa gli studenti. ” Alcuni studenti mi hanno riferito che era già capitato, sempre con la stessa ragazza, ma non ho modo di verificarlo”, ha continuato.

Intanto gli studenti del collettivo Studenti Unibo contro il Green passdi cui fa parte Silvia condannano la gonga che è scattata sulla ragazza. “Esprimiamo piena solidarietà alla nostra collega Silvia – scrivono sui social –  da giorni esposta a insulti e attacchi personali su testate e social media. È svilente notare come le infamie siano fomentate anche da opinionisti che si fregiano di essere contro la violenza, rispettosi di ogni essere umano, e che poi non perdono l’occasione di stimolare il pubblico ludibrio di una giovane studentessa”.

“Questo processo mediatico – continua il post del gruppo di studenti –  è la riproposizione di quanto avvenuto nei confronti della ragazza da parte dei compagni di corso, l’esportazione di una dinamica malsana dallo spazio fisico a quello virtuale: la logica del branco feroce contro il singolo. Silvia viene attaccata personalmente, in un modo che offende e che ben ci restituisce il risultato di mesi trascorsi a giocare con la paura delle persone, instillando un odio viscerale che ora viene vomitato verso chi ha il coraggio di opporsi a una misura antidemocratica, verso chi ha la forza di ribadire i propri diritti”.

“L’azione di Silvia è divenuta di dominio pubblico; tuttavia, i riflettori non si sono alzati altrettanto per la meschinità che ha dovuto affrontare: insulti, illazioni, minacce, sputi nella sua direzione, menzogne (dall’inizio dei corsi Silvia frequenta le lezioni, diversamente da quanto riportato su alcuni articoli), la violenza verbale sessista che ogni giorno viene condannata nei salotti TV e che invece nel suo caso è tollerabile, perché Silvia non piega la testa e porta avanti pacificamente – ma con determinazione – la lotta contro il lasciapassare.
Stupisce, o forse per nulla, che gli stessi media che sono pronti a condannare la violenza di chi contesta la normativa in questione e il governo siano pronti a voltarsi dall’altra parte quando si tratta di condannare la violenza subita da una ragazza sola da parte di un gruppo numeroso e, anzi, la fomentino”, conclude il post.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.