La polemica
La querelle su Nilde Iotti: non sto né con Libero né con i puritani

La Iotti e l’amore, di più: Nilde e il sesso… Sono trascorsi alcuni giorni dalla querelle venuta su dopo che la Rai ha dedicato una docu-fiction alla prima donna, dirigente comunista, che abbia ricoperto l’incarico di presidente della Camera dei deputati. Tutto muove da Libero, che in un articolo ne ha tratteggiato la parabola pubblica indicando in lei una «bella emiliana prosperosa, brava in cucina e a letto. Il massimo che in Emilia si chieda a una donna». Parole forse sessiste, da conversazione maschile, tra sala biliardo e circolo, si fa per dire, dei civili. Pochi giorni dopo, su La7, Pietro Senaldi, direttore responsabile di quel quotidiano, e Concita De Gregorio hanno concesso un supplemento di discussione. A fronte di un Sallusti, giunto in studio a ribadire il carattere delle emiliane-romagnole, a suo dire, segnato da “esuberanza”, orizzonte da Mondo piccolo di Guareschi rivisitato nella banalizzazione da pro-loco, De Gregorio ha sentito la necessità di porre ai suoi interlocutori il quesito dove avessero tratto i presunti dettagli circa le qualità amatorie della signora: «… come fate a sapere che a letto Nilde Iotti era brava?». Interrogativo innanzitutto politico, deontologico. Se ne verrà a capo?
Ha ragione la mia amica Angela, che suggerisce un’obiezione inattaccabile: nessuno mai si riferirebbe a un politico di sesso maschile, forte di una carica pubblica, chiamandone in causa le probabili prerogative nell’ars amandi. Resta però il tema di insinuazioni grevi da galleria fotografica de “Il Borghese” o vignette di “Candido”, storici trascorsi fogli della convegnistica privata di destra, occorrerà magari rispondere richiamando il principio del diritto al piacere. Sia dunque ritenuto legittimo disporsi a immaginare Nilde Iotti mentre fa l’amore, di più, mentre “fa sesso” con il suo uomo, convivente, compagno di vita e di partito, Palmiro Togliatti, leader-feticcio del popolo comunista post-bellico, quasi a smentire le immagini che li mostrano insieme, coppia che sembra raccontare la compostezza piemontese di lui, aria da provveditore agli studi in principe di Galles, soprabito antracite, talvolta la lobbia sul capo. Così almeno appare nello sfondo marmoreo del Palazzo dei Congressi dell’Eur in un’istantanea del 1962, due anni prima della morte a Yalta. Nilde Iotti gli è accanto, la crocchia o forse un’acconciatura cotonata, propria di quando Mina cantava le “Mille bolle blu”, polpacci e caviglie marcati, una spilla a ingentilire il collo del tailleur; altrove invece una stola di pelliccia da prima teatrale. Sappiamo bene che rivendicare i piaceri del corpo nella storia politica nazionale è cosa rara, ancora meno da comunisti, assai di più in questo genere di libertà individuali dobbiamo, nel tempo, a Marco Pannella e ai suoi radicali, parole in difesa di ciò che gli psicoanalisti chiamano “istinto desiderante”.
Andando oltre la prosa da fureria di Libero, sarà bene rispondere con la limpidezza di chi appunto, libertario, rivendichi l’esistenza del corpo come luogo di gratificazione. Ben venga allora perfino immaginare a letto proprio “la Iotti”, docu-fiction o meno, scansando la discussione sullo scandalo moralistico che nel Partito comunista italiano del dopoguerra suscitò vedere Togliatti accompagnarsi a una giovane deputata di Reggio Emilia, lasciando moglie e figlio, e qui torna buona la ballata sull’attentato, ripresa perfino da Francesco De Gregori nell’album-canzoniere politico Il fischio del vapore, dove la Iotti, benché al momento degli spari si trovi accanto al suo uomo, è espunta dalla cronaca melodica, diversamente dalla coniuge ufficiale, leggi: «Rita Montagnana che era al Senato, coi dottori e tutto il personale han condotto il marito all’ospedale, sottoposto alla operazione!», recita infatti il testo. Nel rivendicare il diritto all’eros anche per Iotti, rispondiamo così sia alla grettezza moralistica comunista che si espresse il 14 luglio del 1948 sia all’implicito dar di gomito di Senaldi e colleghi.
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