1. Ritorno alla gogna mediatica e utilizzazione del processo penale come strumento di lotta politica?
C’è da scommettere che da qui a breve il dibattito sulla giustizia tornerà ad infiammarsi su un altro tema delicato: il futuro della riforma Orlando e delle nuove normative relative all’utilizzo delle intercettazioni, la cui definitiva approvazione potrebbe definitivamente segnare il ritorno alle storture del processo mediatico. Infatti, entro il prossimo 29 febbraio dovrà essere convertito il decreto legge n. 161 del 2019, voluto con forza dal Ministro Bonafede, che ha decisamente sconfessato la legge Orlando nella parte in cui prevede la sostanziale pubblicazione di tutte le informazioni e le notizie raccolte in occasione delle operazioni di intercettazione in un processo penale, senza alcun filtro. Come nel caso della prescrizione, anche in questa occasione il rischio è che possano nuovamente infiammarsi i due fronti contrapposti rappresentati: da un lato da chi ritiene che le intercettazioni siano uno strumento per conoscere gli arcana imperii con la conseguenza di non prevedere alcun limite alla pubblicazione sui giornali degli atti e delle notizie, anche non rilevanti, raccolte nel processo penale (c.d. fronte giustizialista); dall’altro da chi ritiene necessario operare una selezione a monte del materiale intercettato per evitare la gogna mediatica e tutelare il diritto alla riservatezza, tenendo fuori dal processo fatti privi di rilevanza penale per evitare che le intercettazioni stesse possano diventare l’occasione per raccogliere informazioni e notizie da utilizzare per altri fini (c.d. fronte garantista). Ma come e perché si è arrivati al d.l. Bonafede?

2. La selezione del materiale intercettato ante riforma Orlando
Già dal 1973, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 34 aveva sottolineato la necessità di predisporre un sistema a garanzia di tutte le parti in causa per l’eliminazione del materiale non pertinente in base al principio secondo cui non può essere acquisito agli atti se non il materiale probatorio rilevante per il giudizio.  L’articolo 268 del nuovo codice di procedura penale non prevedeva nessun divieto di trascrivere comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini limitandosi a stabilire che «nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate». L’avvento del processo mediatico e la pubblicazione di intercettazioni clamorosamente irrilevanti (si pensi ai numeri di telefono degli indagati, alle abitudini sessuali, opinioni politiche etc. etc.) da parte degli organi di stampa ha fatto accendere il dibattito sin dai tempi del d.d.l. Mastella del 2007, senza tuttavia arrivare a nessun esito a causa dell’ostracismo delle categorie interessate. Un revirement interno alla magistratura è iniziato il 17 aprile del 2015, quando gli allora Procuratori della Repubblica di Roma e di Milano, durante una audizione alla commissione giustizia della Camera dei deputati, si pronunciavano contro la indebita diffusione di intercettazioni irrilevanti acquisiti nell’ambito di un processo penale. In senso analogo a questa posizione si è espresso anche il Consiglio superiore della magistratura che il 29 luglio del 2016, approvando una delibera, affermava il dovere del pubblico ministero titolare delle indagini di compiere il primo delicato compito di filtro nella selezione delle intercettazioni inutilizzabili e irrilevanti per evitarne l’ingiustificata diffusione.

3. La selezione del materiale intercettato nella riforma Orlando
In questo contesto si è inserita la riforma Orlando che, con il nobile e dichiarato intento di meglio tutelare la riservatezza delle persone coinvolte senza in alcun modo pregiudicare le indagini, ha introdotto il divieto di trascrivere comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, inserendo un comma 2 bis al citato articolo 268 del codice di procedura penale. Tale riforma ha trovato però un inaspettato dietro front dei magistrati, evidentemente spaventati dal punto di forza della riforma, che richiedeva al pubblico ministero un maggior impegno professionale e una costante attenzione selettiva, al fine di realizzare una puntuale azione di separazione dell’utile dall’irrilevante. A tale coro di insoddisfazione della magistratura si è unito anche il mondo dell’informazione, che dal suo lato prospettico ha temuto di non poter più attingere a un patrimonio di notizie potenzialmente di interesse, in ragione della previsione di segretezza sull’irrilevante.

4. La selezione del materiale intercettato nel d.l. Bonafede 161 del 2019
Il mutato contesto politico e la nuova maggioranza giallorossa hanno portato a una drastica inversione di rotta rispetto ai principi introdotti nella riforma Orlando. Infatti, il 30 dicembre del 2019, per volontà del ministro Bonafede è stato approvato il decreto legge n. 161 che interviene in modifica della riforma della disciplina delle intercettazioni con cui si era chiusa la precedente legislatura e, tra le altre disposizioni in materia, abolisce il divieto di trascrizione del materiale irrilevante. Il paradosso è che tale disciplina, come visto, era stata fortemente voluta dal Partito democratico, oggi una delle principali forze politiche della attuale maggioranza di governo. Insomma una specie di gioco dell’oca che fa ritornare tutti al punto di partenza e consentirà, dunque, alla stampa di pubblicare qualsiasi notizia senza alcun limite, con buona pace del diritto alla riservatezza.

5. Dopo la prescrizione addio anche alla riservatezza?
In conclusione, l’eventuale approvazione del decreto legge n. 161 del 2019 determinerà inevitabilmente il rischio che le indagini penali e le intercettazioni possano trasformarsi in una occasione per raccogliere informazioni e notizie per finalità estranee al processo penale, strumentalizzando ulteriormente il ruolo della magistratura anche nei confronti degli altri poteri dello Stato. Per queste ragioni, è quanto mai necessario che le informazioni e il sapere prodotti per il processo debbano servire solo ed esclusivamente al processo, consentendo all’informazione di svolgere correttamente il suo compito in questo ambito.