La telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump era attesa da tempo. Cercata a ogni costo dal presidente degli Stati Uniti, desideroso di mettere il suo timbro sull’eventuale pace tra Russia e Ucraina. Ma attesa, in qualche modo, anche dallo stesso capo del Cremlino, che ha cercato in questi anni di tornare a dialogare con la Casa Bianca da pari, e non più da leader di una potenza considerata fuori dal consesso internazionale e senza possibilità di comunicare con il resto del mondo che conta. Le speranze di Trump sono tutte riposte nel fatto che il suo intervento diretto possa essere decisivo. E The Donald (insieme al suo stesso segretario di Stato, Marco Rubio) lo ha fatto capire anche dopo il vertice di Istanbul tra delegati russi e ucraini. Ma il piano del tycoon rischia di essere in contrasto con una realtà diversa, dove Putin vuole far vedere di essere disposto al dialogo ma non a una pace che non sia alle uniche condizioni pretese da Mosca.

Del resto, la situazione sul campo di battaglia appare chiara. Nelle ore precedenti alla telefonata tra i due presidenti, la Russia ha lanciato 112 droni contro l’Ucraina. La difesa di Kyiv ha detto di averne abbattuti 41, mentre altri sono stati deviati attraverso il disturbo elettronico. Tuttavia, 35 sono riusciti a bucare la contraerea ucraina, colpendo (pur senza gravi danni) le regioni di Kharkiv, Sumy, Donetsk, Čerkasy e Kirovohrad. Nelle stesse ore, le forze di Volodymyr Zelensky hanno risposto lanciando 35 droni, di cui 26 sulla Crimea, otto sulla regione di Bryansk e uno che ha centrato l’area di Belgorod, dove è rimasta uccisa una donna. Mentre sul fronte terrestre, quello del Donbass, le forze armate di Mosca hanno annunciato la conquista di un altro insediamento, Novoolenevka, nella regione di Donetsk, confermando la graduale e lenta avanzata dell’Armata negli oblast invasi dal 2022.

Proprio per questo scenario, con la pioggia di missili e droni russi che continua a colpire l’Ucraina, le mosse a Est e i timori di una nuova offensiva estiva preoccupano la diplomazia di Kyiv ma anche quella occidentale. E come hanno rivelato anche fonti di Bloomberg vicine al piano del presidente russo, l’impressione è che Putin, in questo momento, si sia ormai convinto di potere raggiungere ciò che desidera senza passare per un accordo di compromesso con Trump. Nei corridoi del Cremlino, l’idea è che le quattro regioni ucraine invase in questi anni (Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhya e Kherson) possano essere definitivamente conquistate nel corso dei prossimi mesi, con le forze di Kyiv ormai allo stremo e con Washington che non ha alcuna intenzione di riprendere l’impegno di sostenere l’esercito del Paese invaso come nella precedente amministrazione.

L’ottimismo dello zar non è condiviso da molti esperti. Proprio alla stessa Bloomberg, l’analista Ben Barry dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) ha definito “estremamente improbabile” l’ipotesi di vedere i quattro oblast totalmente occupati entro la fine dell’anno. Ma anche in questo caso, il rischio paventato da alcuni esperti e diplomatici di lungo corso è che Trump possa iniziare a fare concessioni sempre maggiori a Putin. The Donald, come ha spiegato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, è “stanco e frustrato da entrambe le parti in conflitto”. E non è un mistero che il presidente Usa voglia arrivare a qualsiasi costo a un’intesa. Per ora, ha minacciato anche ulteriori sanzioni nei riguardi della Russia, paventando il pericolo per le casse del Cremlino. Ma Trump è anche quello che ha rimesso Putin al centro dello schema e che ha mostrato molta più accondiscendenza verso lo zar che verso il presidente ucraino.

E anche se il vicepresidente JD Vance, partendo da Roma, ha detto che il leader russo non sa come uscire dalla guerra, ha anche suggerito che Trump potrebbe offrire incentivi economici a Mosca per fermare il conflitto. Uno scenario che piace (eccome) al presidente russo. Ma già prima della telefonata, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva frenato i facili entusiasmi. La fine della guerra, ha detto Peskov, è “legata a molte sfumature”. E per questo richiederà “un lavoro piuttosto laborioso e, forse, a lungo termine”.