La fumata non poteva che essere grigiastra, dopo il secondo colloquio telefonico fra il Presidente americano Trump e quello russo Putin, il quale ha rilasciato una brevissima dichiarazione in cui definisce “franca e molto utile” la conversazione con il suo omologo statunitense. Difficile interpretare questi aggettivi, dal momento che, in diplomazia, l’aggettivo “franco” si usa in genere per dire che ognuno è rimasto sulle proprie posizioni e che l’utilità consista nell’aver dissipato equivoci e attese eccessive.

Nel corso del colloquio, i rappresentanti americani e russi, parlando con i giornalisti, smorzavano le speranze di un esito tale da far intravedere l’inizio di una vera trattativa. L’annuncio dell’inizio della telefonata è venuto dalla Casa Bianca, ma non da Mosca. Inatteso colpo di scena nella sequenza dei colloqui: il Presidente americano ha voluto parlare con l’ucraino Zelensky prima e non dopo la conversazione con Putin. È un fatto nuovo di cui ieri ha dato notizia l’“Ucraina Pravda”. Si sa soltanto che Donald Trump ha voluto sondare Zelensky su un’idea che avrebbe poi proposto a Putin.

Già da domenica il Tycoon aveva affidato alla fidatissima Karoline Leavitt, ministra dell’Informazione, il compito di far trapelare il suo pessimo umore sia nei confronti di Putin che di Zelensky. Del Presidente ucraino, in un video apparentemente rubato, Trump diceva con voce frustrata: “Non so che fare con quest’uomo: si comporta come se avesse delle carte da giocare, e invece non ne ha nessuna”. Poi era andato letteralmente in bestia per una dichiarazione del portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, che aveva trovato una nuova formula per dire che la Russia non ha intenzione di cedere nulla nella trattiva sull’Ucraina: “Sarebbe un’ottima cosa se gli americani ci facessero raggiungere tutti i nostri obiettivi, rendendo inutile questa guerra, che finirà quando avremo ottenuto tutto ciò che vogliamo”. Questa sofisticheria diplomatica confermava quello che Trump sapeva da un pezzo: Putin avrebbe concesso episodici colloqui di scena come quello di Istanbul, ma senza alcuna disposizione a concedere qualcosa”.

Ieri, dopo aver avuto un lungo colloquio col Papa, il vicepresidente americano JD Vance aveva chiarito il massimo di ciò che la Casa Bianca è disposta a fare pur di arrivare alla fine della guerra: offrire a Putin incentivi economici in cambio della vera disponibilità a trattare, non soltanto a far finta. In altre parole, l’amministrazione americana è pronta a pagare dei premi ai russi per invogliarli a cedere su qualcosa. Vance ieri confidava, dopo un lungo colloquio con Leone XIV, che fossero disponibili vantaggi economici e ricchi premi per la Russia, nel caso in cui volesse cogliere l’occasione per tornare nella comunità internazionale. “Ma non puoi – diceva Vance – pretendere le due cose insieme: la riammissione nei salotti buoni e una resa incondizionata in Ucraina”.

Trump ha sempre sostenuto di volersi battere per la fine della guerra, dopo aver visto le immagini del continuo massacro su un fronte più o meno stabile da tre anni, che vede il sacrificio di un’intera generazione sia di ucraini che di russi. È noto anche che Trump aspira al premio Nobel per la pace, che gli assicurerebbe vantaggi politici, ma sempre tenendosi alla larga dai giudizi su chi abbia ragione e chi abbia torto ripetendo, da quando si è insediato alla Casa Bianca, che “questa guerra non sarebbe mai dovuta cominciare. È una conseguenza di responsabilità anche americane e voglio solo che finisca, perché è inammissibile nel nostro secolo”.

Mentre avvenivano i colloqui telefonici, la Russia ha scatenato una nuova offensiva contro la città di Pokrovsk dove, secondo l’ufficio stampa del ministero degli Interni ucraino, resistono 1915 civili. Si tratta di persone ormai allo stremo, perché l’offensiva russa nell’oblast di Donetsk non permette di far arrivare soccorsi e alimenti. I bombardamenti con droni, sempre secondo la fonte ucraina, sono la brutale esibizione dell’indisponibilità russa a un cessate il fuoco. Pokrovsk resiste da più di un anno a bombardamenti sempre più violenti e mirati sulla popolazione civile, che prima della guerra era di sessantamila abitanti. E proprio mentre le agenzie registravano questa escalation militare russa, Karoline Leavitt, dalla Casa Bianca, diceva ai giornalisti che il Presidente era profondamente deluso sia dai russi che dagli ucraini.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.