Ci sarà la proroga del Superbonus del 110%, “selettiva e mirata” ma ci sarà, avrà un costo sociale e, soprattutto, sarà ancora una vota aggirabile. Non ci sarà invece lo sconto tasse sui calciatori stranieri il cui ingaggio è paragonato a quello dei “cervelli”, s’intendono le eccellenze accademiche. Nella prima “vince” Tajani, presidente di Forza Italia. Nella seconda perde Claudio Lotito, patron della Lazio, senatore di Forza Italia, portavoce del mondo calcistico e che da qualche tempo sembra aver peso il magic touch.

Fino a qualche mese fa raggiungeva sempre i suoi obiettivi. In questa sessione di bilancio ha invece fallito miseramente. Quello che è rimasto fuori dalla porta della legge di bilancio “con orgoglio e serietà perché questo governo non fa misure in cerca di consenso” (cit. Meloni), rientra a piedi pari dalla finestra nell’ultimo consiglio dei ministri dell’anno, il numero 64. Da dove il vicepremier Tajani e presidente di Forza Italia può uscire a sera issando anche lui la sua bandiera identitaria: una “proroga” – ma guai ad usare questo nome – del Superbonus edilizio, quello che il ministro Giorgetti neppure 24 ore prima aveva definito “radioattivo” e “pasticca di Lsd con effetti allucinogeni che ha alterato i conti pubblici in modo drammatico”. Forza Italia può comunque festeggiare. Una vittoria “politica” ma per motivi non proprio eccezionali. Una sorta di contentino che palazzo Chigi ha dovuto concedere per tenere buoni gli azzurri che nelle ultime settimane sono stati costretti a continui passi indietro, uno su tutti l’astensione nel voto sulla ratifica del Mes. Al tempo stesso per il ministro Giorgetti siamo alla terza marcia indietro consecutiva dopo il Patto di stabilità che lui stesso ha definito “un compromesso, al alto rischio di prociclico (recessivo, ndr) e un caos di clausole”; dopo la sconfitta sul Mes che per il titolare del Mef “sarebbe stato opportuno ratificare onorando l’impegno europeo”. Ma Giorgetti non si tocca, assicurano fonti di maggioranza, ed è stabile al suo posto.

L’ultimo consiglio dei ministri dell’anno inizia con un’ora e mezzo di ritardo, alle 17 invece che alle 15 e 30. Giornata strana. La premier Meloni certifica con documentazione medica di soffrire di otolite (una forma di labirintite) e giustifica così il secondo rinvio della conferenza stampa di fine anno, appuntamento istituzionale rinviato a questo punto al 4 gennaio. L’aula della Camera è dalle 9 del mattino riunita per la discussione generale e la votazione degli emendamenti della legge di bilancio. È la legge più importante dello Stato, la Camera l’ha vista solo di passaggio e in tutto il giorno non si è visto un solo ministro sui banchi del governo. I banchi della maggioranza si riempiono solo nel pomeriggio quando iniziano le votazioni. Allo svuotamento di funzioni si aggiunge l’umiliazione del disinteresse del governo. Il Presidente della Camera Lorenzo Fontana, negli auguri alla stampa parlamentare ha negato che il suo “ufficio”, di cui dovrebbe custodire integrità, funzioni e prerogative, cioè la Camera, sia a rischio. Mentre la Camera vota senza sorprese e tra le continue critiche delle opposizioni (sanità, lavoro povero, lavoro femminile, tagli agli enti locali, scarsa efficacia di misure che non sono strutturali), il Consiglio dei ministri è convocato alle 15 e 30.

Dall’ordine del giorno – decreto Milleproroghe e quattro decreti attuativi della delega fiscale – si capisce che si tratta di una riunione appendice su misure economiche a cui è stata negata la cittadinanza nella legge di bilancio nonostante abbiano cercato fino alla fine di trovare spazio. Prima del consiglio dei ministri, il ministro Giorgetti fa una relazione tecnica sul Superbonus edilizio e spiega, nuovamente, perché non può essere finanziata l’ennesima proroga. “Un mese ci costerebbe 4,5 miliardi, quanto abbiamo messo in un anno sulla sanità”. Improponibile, per Giorgetti. Ma è necessario consegnare una bandierina a Forza Italia per tentare di limitare i mal di pancia interni e la pericolosa emorragia di consensi. La faccenda Superbonus è un inedito di compromessi lessicali e sostanziali. Viene scelta la strada del decreto ad hoc perché inserire la norma nel Milleproroghe significa farla passare per quello che è ma che Giorgetti fa di tutto perché non sia: una proroga del 110%.

Per il resto è un gioco di prestigio tra la scelta del termine giusto: non è una proroga, non è un’estensione. Neppure uno “stato avanzamento lavori”, la famosa Sal alla base di tante proroghe in questi tre anni. “È una misura selettiva ad hoc”, si spiega. Che richiede comunque coperture suppletive, si parla di un miliardo che viene ovviamente sottratto ad altre voci. Spiega in una nota il capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli. “Nessun cittadino onesto sarà penalizzato perché lo Stato mantiene i propri impegni. Grazie all’iniziativa e alla determinazione di Forza Italia è stato infatti raggiunto un accordo sui bonus edilizi. Con apposito decreto del Consiglio dei Ministri continuerà ad esistere il bonus al 70% per tutti coloro che proseguiranno i lavori nel 2024 ed è prevista una sanatoria che permetterà di evitare la restituzione delle somme per tutti coloro che non hanno completato i lavori entro il 31/12. Il bonus edilizio al 110% resterà comunque in vigore per coloro che hanno reddito basso e non hanno completato i lavori”. I dettagli arriveranno. Si parla di famiglie a basso reddito, di condomini, di lavori eseguiti al 70%, di “salvagente per imprese e cittadini”, di norma “su misura per alcuni casi”. Quali che saranno questi dettagli, servirà una copertura finanziaria e non saranno escluse altre frodi. Semplicemente perché non sarà possibile controllare uno per uno tutti i cantieri.

Clamorosa, invece, la sconfitta di Lotito. Fino alle 19 di sera il vantaggio fiscale sui calciatori sembra blindato nel Milleproroghe. Invece salta tutto. S’intesta lo stop la Lega di Matteo Salvini. “Sarebbe stata una norma immorale, soldi sottratti al fisco per calciatori stranieri che guadagnano milioni e spesso scarsi”, dichiara Luca Toccalini, prima ancora che finisca il Cdm. Stavolta il ministro Giorgetti ha tenuto il punto: aveva detto no nel decreto Anticipi, no nella Manovra, no anche all’altra norma per il “logo” sulle maglie dei calciatori (nei fatti nuovi spazi pubblicitari per le agenzie dei giochi). No anche nel Milleproroghe. La faccia è salva. Forse.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.