Racconto lungo con la forza di un romanzo, questo “Le ballate di Narayama” di Fukazawa Shichirō (Adelphi, a cura di Giorgio Amitrano) è uno dei capolavori della letteratura contemporanea giapponese, precisamente degli anni del grande boom economico successivo alla catastrofica Seconda guerra mondiale. Molti scrittori giapponesi anche in quel periodo ripescarono nel lontano passato i motivi della loro scrittura, che è esattamente quello che fece Fukazawa con questa storia che riprende una vecchia leggenda e antichi motivi musicali: l’anziana Orin deve salire sulla montagna di Narayama sperando che cada la neve, e lasciandosi alle spalle le cose della sua famiglia e del mondo nella sua materialità di penuria e di fame. L’ascesi di Orin è una metafora al tempo stesso umana e divina in questa storia esile ma abbagliante, come sono quelle giapponesi fatte di aria e di leggenda. Mishima ne rimase incantato pur criticando il clima di povertà, per lui una forma di disfattismo, che fa da sfondo a “Le ballate di Narayama”. E in effetti questo racconto incanta, come la neve che infine cade.