Vladimir Putin conosce bene la diplomazia delle cannoniere. Per alcuni giorni, la Russia ha fatto attraccare alcune navi e un sottomarino a propulsione nucleare nell’isola di Cuba, in uno show di forza che a molti osservatori ha ricordato la crisi dei missili del 1962. E adesso, come ha confermato lo stesso Esercito nazionale libico, la Marina di Mosca ha deciso di compiere una “visita di cortesia” in Cirenaica. In quella parte orientale della Libia governata dal generale Khalifa Haftar e che da tempo è considerata dall’Europa e dagli Stati Uniti come la piattaforma russa per il Mediterraneo e il cuore dell’Africa. “Al fine di rafforzare le relazioni tra il Comando generale dell’Esercito nazionale libico e la Federazione Russa, un gruppo di navi da guerra russe, composto dall’incrociatore missilistico Varyag e dalla fregata Marshal Shaposhnikov, ha effettuato una visita di tre giorni alla base navale di Tobruk, dopo una visita nella Repubblica araba d’Egitto” si legge in una nota dell’esercito di Haftar.

E per gli esperti di affari libici e russi, il messaggio che ha voluto mandare lo “zar” è chiarissimo: la Libia orientale è affare di Mosca. E lo stesso Haftar non ha alcun interesse a rinunciare al suo legame con Putin. Il timore degli Stati Uniti, dei Paesi europei e della Nato è che la Russia abbia deciso di rafforzare la sua presa sulla parte orientale della Libia puntando sulla costruzione di una base navale. Ipotesi smentita più volte dalle autorità della Cirenaica, che tendono a non volere essere considerate eccessivamente connesse al Cremlino. Ma le immagini che sono arrivate in questi mesi proprio dal porto di Tobruk, con le navi russe che hanno più volte fatto arrivare i loro carichi di armi e mezzi, sembrano confermare gli scenari da incubo teorizzati dall’intelligence occidentale. A preoccupare non è infatti già solo la possibilità che la Russia allestisca una base nel cuore del Mediterraneo, e soprattutto a poche miglia dalla frontiera meridionale dell’Alleanza atlantica (e della stessa Italia). Il timore di molti analisti è che a questa penetrazione russa in Libia si unisca la volontà di Putin di trasformare Tobruk e le coste orientali del Paese nordafricano in un hub per collegare le rotte delle navi russe al cuore del Sahel.

La regione africana in cui prima la Wagner e ora l’Africa corps di Mosca sta gradualmente sostituendo le forze dei Paesi europei e degli Stati Uniti a suon di accordi politici e golpe militari. Il viceministro della Difesa russo, Junus-bek Evkurov, si è recato cinque volte in Libia nell’ultimo anno. E sono in molti a sospettare che dietro le mosse di Putin, con questo desiderio di dimostrare il suo legame con Tobruk, ci sia l’idea di blindare quell’impero africano di Mosca che coinvolge non solo il Paese un tempo di Muhammar Gheddafi, ma anche Burkina Faso, Mali, Niger e Repubblica Centrafricana. E con il Ciad che da tempo appare allontanarsi dalla sua partnership con l’Occidente. Per lo “zar” si tratta di una strategia di lunga data, che serve a mettere in mostra la capacità del suo Paese di percorrere la propria strada senza subire l’isolamento imposto dall’Occidente in risposta all’invasione dell’Ucraina.

E i Paesi africani, per necessità ma anche per antichi rapporti con Mosca, non hanno mai negato di avere un occhio di riguardo nei confronti del presidente russo e della sua agenda. La Federazione Russa garantisce a questi governi e regimi militari le armi e gli istruttori di cui hanno bisogno, senza i limiti imposti da Unione europea e Usa. Inoltre, il Cremlino sfrutta la sua diplomazia fatta di energia, grano, tecnologia e materie prime. Una base estremamente solida per consolidare i suoi rapporti (già molto buoni) con l’Africa. E in tutto questo, mentre mette sotto pressione la porta meridionale dell’Europa, Putin può andare di pari passo con la Cina. La superpotenza che da tempo ha messo il continente africano nel mirino e che ormai è a tutti gli effetti il principale alleato di Mosca.