Evgenij Prigozhin è morto. Ma con la sua morte non è scomparsa la necessità per la Russia di avere contractors in grado di combattere. Quella fucina di combattenti schierati da Vladimir Putin in ogni fronte di guerra, dall’Ucraina alla Siria, dalla Libia ai più oscuri teatri del Sahel, è ancora fondamentale. E se la cosiddetta “operazione militare speciale” è destinata a proseguire come una logorante guerra di attrito – ieri Putin ha firmato il decreto per la coscrizione autunnale di 130mila uomini – i mercenari torneranno a essere un’arma irrinunciabile. Putin sa che una volta eliminata la figura del suo “chef”, persona pericolosa, scomoda, invisa tanto all’intelligence quanto alle forze armate, può cercare di ricomporre la frattura tra mercenari e truppe regolari. Anche con l’arruolamento di nuove unità.

Per compiere questo passo, il presidente russo ha scelto di affidarsi a colui che, già da questa estate, gli analisti dipingevano come il vero erede di Prigozhin: Andrei Troshev. Nome di battaglia Sedoi, che in russo significa “dai capelli grigi”, Troshev è da tempo coinvolto nelle mosse della Difesa russa, che può fare leva sulla sua lunga carriera nelle file dell’esercito. Concittadino di Putin – anche lui membro di quel “club di Leningrado” di cui da sempre si circonda il capo del Cremlino – Troshev ha seguito tutta la trafila delle guerre che hanno caratterizzato la fine dell’Unione Sovietica e i venti anni di regno putiniano. Dal fallimento dell’Afghanistan – dove ha ottenuto due volte l’Ordine della Stella Rossa – alla guerra in Cecenia, Troshev ha servito nei ranghi delle forze armate diventando poi membro delle temute Sobr, le forze speciali del ministero dell’Interno. Poi è arrivata la Wagner, di cui è stato uno dei fondatori e tra gli uomini di spicco, e nella sua carriera da contractor è giunta la Siria, quella guerra a sostegno di Bashar al Assad che è stata forse il vero punto di svolta in termini bellici della compagnia di Prigozhin.

L’esperienza siriana per Troshev è stata fondamentale. Impiegato principalmente nell’area di Deir Ezzor, come raccontano i rapporti di intelligence, Sedoi si è distinto soprattutto per la riconquista di Palmira: esperienza che gli è valsa la medaglia di Eroe della Russia oltre che le sanzioni da parte dell’Occidente. Poi, da febbraio 2022, l’invasione dell’Ucraina, che adesso è centrale per la sua ascesa al vertice della nuova legione di mercenari. Un’armata diversa, incardinata nella Difesa, al punto che non a caso Putin ha voluto sancire questo cambio di passo mostrando pubblicamente l’incontro al Cremlino tra lui, Troshev – che rifiutò di ammutinarsi come invece aveva fatto Prigozhin – e una personalità sempre più importante nella Difesa: il viceministro Junus-bek Evkurov. Una presenza che, come vedremo, può dare un’ulteriore indicazione sul futuro di Sedoi. Putin, come comunicato dal Cremlino, ha chiesto a Troshev di reclutare “unità di volontari in grado di svolgere varie missioni di combattimento, principalmente, ovviamente, nella zona dell’operazione militare speciale”, quindi in Ucraina, perché “conosci i problemi che devono essere risolti in anticipo in modo che i combattimenti avvengano nel modo migliore e con maggior successo”.

Questa scelta si unisce ai rapporti degli 007 britannici sui wagneriti che starebbero tornando in Ucraina, e in particolare nel “tritacarne” di Bakhmut, dove la loro esperienza serve ai comandi russi per frenare la controffensiva di Kiev. Ma la presenza di Evkurov può dire anche altro. Il viceministro, infatti, è il perno dei piani africani di Mosca, e proprio nei giorni prima dell’incontro con Troshev ha accolto all’aeroporto di Mosca il generale Khalifa Haftar. La Cirenaica è stata sempre al centro degli interessi della Wagner e degli Stati Uniti, preoccupati dalla presenza dei mercenari russi in Libia. La coincidenza temporale tra i due incontri di Evkurov e Putin può far credere che l’asse Bengasi-Mosca passi, ancora una volta, per i mercenari.