La seconda “pezza” è peggiore della prima. La seconda la fornisce il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, magistrato esperto, ex parlamentare, adesso con delega ai servizi di sicurezza. Ieri nel pomeriggio è uscito da palazzo Chigi dall’ingresso principale – cosa che non fa quasi mai -, ha incrociato i cronisti di Fanpage e, rifiutando una serie di domande, ha però risposto all’unica che probabilmente gli interessava chiarire: “Il presidente Meloni ha capito subito che si trattava di una telefonata fasulla…”. Subito? Può “subito” durare ben 13 minuti e 38 secondi? Tanto, la mattina del 18 settembre, è durata la conversazione tra la premier e il presunto presidente dell’Unione africana. Un tempo lunghissimo in cui si è lanciata in commenti e analisi su Francia, Niger, Europa, Ucraina e persino la Libia.

La prima “pezza” aveva cercato di metterla l’altro sottosegretario, Giovambattista Fazzolari che il primo novembre, a poche ore dal disvelamento pubblico della figuraccia, aveva provveduto a dare questa chiave di lettura: “Se la propaganda russa arriva a fare questo, vuol dire che sono messi veramente male”. Avvalorando l’ipotesi che la telefonata faccia parte di quella guerra ibrida di depistaggi e controinformazione in cui i russi sono maestri. Ma anche che il nostro sistema di sicurezza è permeabile a quella guerra ibrida.
Entrambe le pezze – tra loro quasi contraddittorie – sono peggiori del buco, cioè del fatto che un comico russo sia riuscito a spacciarsi per ben 18 minuti per Moussa Faki, presidente della Commissione dell’Unione africana e che solo il primo novembre, 44 giorni dopo, siamo qui a parlarne perché la piattaforma canadese Rumble e poi l’agenzia di stampa Ria Novosti ne ha dato notizia all’improvviso la mattina del primo novembre, in pieno Halloween, tra dolcetti e scherzetti.
Ma in questa storia non c’è nulla da ridere. E molto per essere preoccupati. Soprattutto a palazzo Chigi. Il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, se ne dovrà occupare. Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, ha parlato di “attività con fini malevoli e che necessitano della massima attenzione”. Oltre ad individuare il baco nel sistema, spiega Enrico Borghi (Iv) membro del Copasir, “va poi ricostruita la filiera delle responsabilità e delle procedure per individuarlo ed evitare che fatti simili si riproducano. E poi bisogna che ci sia una precisa assunzione di responsabilità da parte di chi ha sbagliato. Ai vertici dello Stato non sono ammessi pasticci”.

Scherzo telefonico a Meloni, i tre passaggi inopportuni

Capire cosa è accaduto anche per dare il ruolo che meritano ai due comici Vovan e Lexus, all’anagrafe Alexej Stoljarov (colui che fisicamente parla con Meloni) e Vladimir Kuznetsov, rispettivamente 37 e 36 anni. Comici? Spie? Hacker? Magari tutte e tre le parti in commedia. Di sicuro esperti in questa tipologia di “scherzi”.
Palazzo Chigi ha cercato di banalizzare: “La premier ha tenuto il punto e ha confermato la linea”. Non è vero, purtroppo. Sono almeno tre i passaggi inopportuni della telefonata. Sull’Europa, in primis. Parlando di immigrazione e dei trafficanti di essere umani, la premier ha spiegato a Moussa-Lexus che “la situazione è molto difficile per noi”. Quello che “in Europa non capiscono è che non è possibile che il problema migratorio sia risolto solo dall’Italia. Ma agli altri non interessa, non rispondono al telefono. Tutti credono che l’Italia debba risolvere questo problema da sola”. E ancora: “Per noi è impossibile integrare questi migranti. La Ue lo comprende ma poi quando chiedi loro di stanziare i soldi per investire in questi Paesi di origine tutto diventa più difficile. Il presidente Saied non ha ancora visto un euro”. Parole che mettono in cattiva luce l’Unione europea e la stessa Italia raffigurata “sola”, senza interlocutori.

Telefonata fake, Meloni, l’attacco alla Francia e il piano politico che non c’è

“Grave” e “inopportuno” che Meloni abbia parlato della Francia: “Posso chiederle una cosa che rimanga tra noi, pensa che quello che sta succedendo in Niger sia contro la Francia?”. Il riferimento è al golpe in Niger e al ritiro dei soldati francesi. E poi l’Ucraina. “C’è molta stanchezza da tutte le parti” sostiene Meloni e “si avvicina il momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita. Il problema è che sia accettabile per tutti e nel rispetto del diritto internazionale. Ho alcune idee ma aspetto il momento giusto per condividerle”.
Se la prima cosa da capire è la falla diplomatica e di sicurezza, subito dopo c’è da interrogarsi sul piano politico. Osserva un esperto di sicurezza nazionale: “La premier parla di temi sensibili con un perfetto sconosciuto, mai incontrato prima, uno che sta fuori dal perimetro delle nostre alleanze politiche, militari ed economiche”. Se anche fosse solo la smania di essere protagonista in politica estera e in Africa, sarebbe ancora di più imperdonabile.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.