L’altro giorno, pompato dalla propaganda filoterrorista e acriticamente “condiviso” da una buona aliquota dei profili social dei mezzi di informazione occidentale, circolava un video di Al Jazeera sul bombardamento – da parte di Israele – della scuola al-Awda, nella zona meridionale della Striscia di Gaza. Da quel che si vede e da quel che si sa non è stata colpita la scuola, ma un sito nei pressi. Preso di mira – così dicono gli israeliani – per la presenza di miliziani. Ci sarebbero state decine di vittime innocenti.

Coloro i quali intendessero condannare fatti simili con un pizzico di decenza dovrebbero riconoscere ciò che invece rinnegano da nove mesi; e dovrebbero comportarsi come non stanno facendo dall’inizio del conflitto. Dovrebbero riconoscere, come si costringe a riconoscere persino l’Onu, che le strutture civili – scuole, abitazioni, ospedali – sono usate come rifugio e deposito di materiale bellico da parte dei miliziani e dei “civili” che hanno perpetrato i massacri del 7 ottobre e che rivendicano di volerli ripetere “ancora, ancora e ancora”.

Dopodiché, riconosciuta anziché accantonata questa realtà plateale, potrebbero e dovrebbero intimare a Israele di non dare corso a operazioni belliche senza un dovuto supplemento di cautela perché – nel perseguire i miliziani e i terroristi – rischia di colpire troppi civili innocenti. Ovviamente questa intimazione sarebbe legittima a un patto: e cioè al patto che fosse accompagnata dall’impegno di aiutare Israele – con la fornitura di soldi, di Intelligence, di armi e, se serve, anche di uomini – a neutralizzare i terroristi e i dispositivi bellici di cui dispongono.

Sempre che, naturalmente, si sia d’accordo sul diritto di Israele di neutralizzare chi l’ha sventrato il 7 ottobre e ne vuole la distruzione. Se si è d’accordo su questo (chissà perché ogni tanto, ma solo ogni tanto, c’è il sospetto che qualcuno, ma solo qualcuno, non sia d’accordo), allora la soluzione sarebbe lì bella pronta. Voi, israeliani, fermatevi, che sapete solo fare stragi. Ci pensiamo noi, democrazie del mondo, noi dell’interposizione internazionale, mettendo a disposizione una forza militare, economica e di Intelligence moltiplicata per cento volte, a uccidere i miliziani che si nascondono nelle abitazioni, nelle scuole e negli ospedali e che li usano per tenerci i vostri ostaggi e per lanciare razzi sui vostri civili.

Ma – vedi tu che strano – chissà perché c’è puzza che un discorso simile non sarà mai fatto, come non è mai stato fatto. Sarà, probabilmente, perché il 7 ottobre non viene dal nulla e perché dopotutto – sia pure con qualche eccesso – anche quella del 7 ottobre era “resistenza”. E, contro uno Stato nazista e genocida, la resistenza si fa anche nelle scuole e negli ospedali, signori miei.