Dei terroristi che avrebbero trovato rifugio e che sarebbero stati in attività nella scuola delle Nazioni Unite colpita dall’esercito israeliano era già pubblica una prima lista l’altra sera. Sarebbe stato facile contestare la veridicità della notizia, o anche solo insistere sul fatto che non era documentata. Stranamente, invece, tutto il dispositivo comunicazionale rivolto a denunciare – giustamente – l’ennesima tragedia e a condannare – legittimamente – l’iniziativa bellica che l’aveva provocata, era misurato in modo esclusivo sul presunto numero dei civili coinvolti. Ma il fatto è che anche un solo civile ucciso sarebbe stato troppo. Anche l’uccisione di un solo civile avrebbe potuto abbondantemente motivare l’indignazione per l’ennesima iniziativa di una campagna militare oltremodo sanguinosa.

Ma un conto è dire che la presenza di quei terroristi, e la pretesa di eliminarli, non giustificavano l’uccisione neppure di un civile; un altro conto è fare spallucce davanti alla notizia di quella presenza e accettare – senza neppure un cenno di perplessità – il fatto che quei terroristi ci fossero e razzolassero nei locali delle Nazioni Unite. Come mai, a quasi due giorni dalla tragedia, nessuno ha sentito l’esigenza di rimproverare a Israele non solo di aver fatto una strage, ma inoltre di averla camuffata con una fake news sulla scuola trasformata in covo di tagliagole?

Come mai non si è mobilitato il solitamente puntuale esercito di puntualizzatori a dire che no, non è vero niente, non c’era proprio nessun terrorista? Come mai il partito dei “Garantisti per Hamas”, solitamente attivissimo, non ha sentito l’esigenza di spiegare – che so? – che quella lista era falsa, o troppo folta, o comunque sprovvista di qualsiasi riscontro probatorio? Come mai il plenipotenziario dell’Unrwa, che gestisce quegli edifici, denuncia che “utilizzare” gli spazi dell’Onu per scopi militari costituisce un crimine e nessuno, ma proprio nessuno, si domanda e gli domanda: “Ah, succede che i terroristi utilizzino quegli spazi?”.

Come mai nel profluvio delle titolazioni strepitose e delle deplorazioni irriducibili c’è tutto sul genocidio, tutto sulla pulizia etnica, tutto sulla punizione collettiva e nulla, mai nulla sugli sgozzatori nascosti tra i civili negli ospedali e nelle scuole, nulla sull’uso dei bambini-soldato, nulla sui gentiluomini che si compiacciono di poter esibire, possibilmente con numeri contraffatti, l’ennesimo bilancio necrologico: come mai? I civili non sarebbero meno morti, né meno ingiustamente, se la denuncia e la richiesta di giustizia comprendessero almeno uno scampolo di quella realtà trascurata: e cioè che chi ha sventrato Israele il 7 ottobre trova nascondiglio tra gli innocenti e nelle stanze di proprietà delle organizzazioni internazionali che compilano rapporti sullo sterminio in corso.