La tregua
Le tre ragioni del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah. Quell’unico voto contrario e il presidio dell’esercito libanese
È ormai realtà la tregua tra Israele e Libano, entrata in vigore alle 4 del mattino di ieri, quando Israele ed Hezbollah hanno deciso di fermare gli attacchi. L’accordo – avvenuto grazie alla mediazione di Stati Uniti, complice l’attività indefessa dell’inviato statunitense Amos Hochstein, e Francia – prevede un periodo “cuscinetto” di 60 giorni, durante i quali “l’esercito libanese riprenderà il controllo del proprio territorio e non sarà permesso che vengano ricostruite le infrastrutture terroristiche di Hezbollah”. In questo lasso di tempo “Israele ritirerà gradualmente le sue forze e i civili di entrambe le parti potranno essere presto in grado di tornare in sicurezza alle loro comunità e iniziare a ricostruire le loro case”.
“Fatemi essere chiaro – evidenza il presidente americano Joe Biden – se Hezbollah o chiunque altro romperà l’accordo ponendo una minaccia a Israele, allora Israele avrà il diritto di difendersi, in accordo con la legge internazionale”. Usa e Francia firmano una nota congiunta, in cui garantiscono all’univocità che “lavoreranno con Israele e Libano per assicurare che l’accordo sia pienamente applicato e rimarranno determinati a impedire che questo conflitto diventi un altro ciclo di violenza”. Il presidente americano ha poi assicurato che non saranno dispiegate truppe americane nel Sud del territorio libanese.
Tre le ragioni che hanno accompagnato il cessato il fuoco – approvato dal gabinetto politico di sicurezza israeliano “con la maggioranza di 10 ministri” – espresse dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, prima fra tutte la necessità di potersi “concentrare contro la minaccia iraniana”. In secondo luogo vi è il bisogno, da parte israeliana, di poter “riarmare” le proprie truppe, tenuto conto dei ritardi nelle forniture di armi. Infine, altro intento conclamato è quello di isolare Hamas. “Hamas – scandisce il premier israeliano – contava su Hezbollah per combattere insieme e una volta che Hezbollah è eliminato, Hamas è lasciato da solo. La nostra pressione su Hezbollah crescerà e ciò ci aiuterà a portare a casa gli ostaggi”.
Nel suo discorso Netanyahu ha anche evidenziato come, durante la tregua, Israele “manterrà la completa libertà di azione militare”, in coordinamento con gli Stati Uniti, qualora non vengano rispettati i termini dell’accordo, e “risponderà con forza a ogni violazione” di Hezbollah. Unico voto contrario all’accordo, quello di Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale. Il modello del cessate il fuoco prevede una tregua di 60 giorni, oltre i quali l’Idf dovrebbe abbandonare la regione meridionale del Libano mentre Hezbollah, dal canto suo, arretrerà oltre il fiume Litani; toccherà all’esercito libanese presidiare la zona, in sinergia con le forze Unifil.
L’annuncio della tregua ha ricevuto il plauso della Comunità internazionale. Da Beirut, il premier libanese Najīb Mīqātī ha commentato la tregua come “un passo fondamentale verso la stabilità regionale”. In Italia la premier Meloni, ai Med Dialogues, ha dichiarato: “L’annuncio, ieri notte, del cessate il fuoco in Libano è uno sviluppo molto importante e positivo, ovviamente dobbiamo considerarlo un punto di partenza e non di arrivo”. Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani rivendica: “Bene, in chiusura del G7 Esteri, la notizia del cessate il fuoco in Libano. Orgogliosi di aver dato un contributo determinante a questo importante risultato per la pace in Medio Oriente”.
Resta il nodo inerente il conflitto nella Striscia di Gaza. Al margine del G7 Esteri a Fiuggi, il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha affermato che l’accordo aiuterà a raggiungere la fine della guerra anche a Gaza. “Nei prossimi giorni – asserisce il presidente Usa Joe Biden, che ha ribadito l’impegno della sua amministrazione, a meno di due mesi dall’insediamento di Donald Trump, il 20 gennaio 2025 – gli Stati Uniti faranno un altro tentativo con Turchia, Egitto, Qatar, Israele e altri per ottenere il cessate il fuoco a Gaza” in quanto “così come il popolo libanese si merita un futuro di pace e prosperità, così lo merita il popolo di Gaza”. Per poi puntare il dito contro Hamas, rea di essersi rifiutata di negoziare fino in fondo, sottolineando che l’unica via d’uscita consiste nel rilascio degli ostaggi, americani compresi, al termine delle ostilità. Un percorso che dovrà concretizzarsi, negli intenti, nella creazione di uno Stato palestinese, viatico per un futuro in cui israeliani e palestinesi abbiano “in pari misura Sicurezza, prosperità e dignità”. Una piccola luce che rischiara l’avvenire del Medio Oriente.
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