La tregua tra Israele e il Libano, di cui si parla da giorni, potrebbe nascere monca e avere vita breve. A dirlo in un colloquio con il Riformista è l’analista di Difesa libanese, il Generale Mounir Shehadeh. «Israele e gli Stati Uniti hanno intenzione di modificare la risoluzione 1701 o di arrivare a una nuova risoluzione. Ma, per quanto ne so io, non è possibile al momento farlo: per questo motivo Israele sta cercando di modificarne quantomeno i meccanismi di esecuzione».

Per quanto riguarda la tregua, ci sono ancora dei punti che necessitano di essere chiariti o quantomeno esplicitati. “Ad esempio quando si parla della Commissione che ha l’incarico di controllare il rispetto del cessate il fuoco. In particolare bisogna chiarire il suo ruolo e i suoi poteri. È noto che a giocare questo ruolo devono essere gli americani, mentre per quanto riguarda gli altri paesi partecipanti non è ancora ufficiale chi siano. Ma resta il problema su quale sarà il ruolo di questa Commissione e se ci saranno i meccanismi di collegamento con le forze internazionali oppure no. Non è chiaro se sarà indipendente, se avrà una forza militare, perché la risoluzione 1701 nel paragrafo 7 non dà il diritto a queste formazioni di usare la forza”, aggiunge l’analista libanese.

Un altro tema importante da chiarire riguarda il diritto alla difesa di Israele: «La fase di ritiro delle forze dell’esercito israeliano e di Hezbollah, di cui si parla, per 60 giorni che consentirà l’arrivo dell’esercito libanese? Va chiarito che non è possibile l’arrivo dei soldati libanesi se gli israeliani non si ritireranno completamente. Anche la tempistica di 60 giorni è troppo lunga e dimostra una cattiva volontà su cui bisogna stare attenti. Bisogna dire che, in base al chiarimento di questi punti, potremmo capire se questa tregua reggerà o meno. Gli accordi che riguardano la tregua non possono violare la risoluzione 1701 e non possono violare la sovranità libanese».

Intanto ieri, per la prima volta dal 2000, i soldati israeliani hanno raggiunto il fiume Litani in Libano. La Divisione 91 delle Forze di difesa israeliane (Idf) ha raggiunto il fiume nel settore orientale del Libano meridionale, nonché l’area di Wadi Saluki, a circa 10 chilometri dal confine con lo Stato ebraico. Nella zona, i militari hanno fatto irruzione in diversi siti di Hezbollah e hanno localizzato e sequestrato centinaia di armi e trovato decine di bunker e lanciarazzi innescati. Nella stessa area, i militari israeliani hanno combattuto contro i miliziani del Partito di Dio. Il fiume Litani rappresenta la linea entro cui Hezbollah avrebbe dovuto ritirarsi, sulla base della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite del 2006.

Ormai la guerra israeliana con il Libano è arrivata a un punto decisivo per raggiungere un cessate il fuoco. Ne è convinto l’analista libanese Elias Murr, esperto di relazioni internazionali, che spiega come l’accordo rappresenti il desiderio delle due amministrazioni Usa (quella di Joe Biden e di Donald Trump) di realizzare una certa rottura col passato. L’analista parla dei dettagli dell’accordo, che prevede un cessate il fuoco per un periodo di 60 giorni, in attesa dell’attuazione delle risoluzioni internazionali, anche poche ore prima che inizi o meno l’attuazione. «Sono molti gli ostacoli, in particolare le complessità interne israeliane e le contraddizioni nelle posizioni e negli interessi politici tra la destra e l’estrema destra, così come tra l’esercito e il governo».

L’esperto ritiene che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «avrebbe preferito continuare gli attacchi contro il Libano per più tempo, alla ricerca di maggiori risultati per convincere l’elettorato israeliano dei motivi della guerra, ma due fattori fondamentali potrebbero impedirlo: il primo è il desiderio americano di porre fine al dossier, e il secondo è lo slancio sul campo rappresentato dall’escalation di Hezbollah con i suoi attacchi missilistici all’interno di Israele».

Massimiliano Boccolini

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