Tutti contro Salvini. Si fanno governi per evitare che Salvini vinca le elezioni. Si scrivono libri sui postnazisti nostrani e sui nuovi dittatori. Si mobilita il popolo delle sardine. Ma intanto Salvini “sfonda“ anche al Sud. Ed è soprattutto grazie alla presenza nel Sud che il suo partito, nazionalista nel 2018, è diventato nazionale un anno dopo. Perché è successo? Tutti ad allarmarsi. Tutti a prendersela con la Bestia, la grande macchina da guerra mediatica manovrata, ogni giorno, 24 ore su 24, da 35 esperti digitali. Ma nessuno a chiedersi: e poi? I post, i like, le visualizzazioni: e poi? Poi ci sono almeno altre tre spiegazioni possibili. Una politica. Una storica. E un’altra emotiva.

Che il nuovo leader della Lega sia riuscito lì dove il vecchio non aveva mai neanche osato; che a differenza di Bossi non si sia limitato a cantare Reginella, stonando, in una pizzeria napoletana; e che, nonostante i cori allo stadio contro i meridionali, sia anche riuscito a schivare i nuovi Pino Daniele pronti a gridargli in faccia «questa Lega è una vergogna», è un dato di fatto. Ed è provato, per ultimo, dalla trasferta a Sorrento, dove il sindaco ex forzitaliota gli ha praticamente consegnato le chiavi della città. È vero, ora si riempiono anche le piazze degli antisalviniani, e negli ultimi sondaggi la Lega, al Sud, pare avere il freno tirato: lo ha certificato Il Mattino di qualche giorno fa a proposito della Campania. Ma anche qui, nonostante tutto, nonostante il cannoneggiamento della sinistra contro la cosiddetta secessione dei ricchi, cioè contro il regionalismo che toglierebbe ai poveri per dare al Nord, le cose non vanno poi tanto male: 13% all’interno di un centrodestra nettamente in vantaggio.

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Prima delle europee, alle politiche, nel Mezzogiorno la Lega ha vinto su tutti gli altri partiti solo in 3 comuni (su 305) in Abruzzo e in altrettanti in Sicilia (su 390). Per il resto, è risultata seconda in 33 comuni sardi (su 390), in 83 abruzzesi e in 6 molisani (su 136). Tutto qui. Poi, però, sono venute le europee. E voilà, il dato clamoroso. In tutto il Mezzogiorno, senza più le ampolle padane tra i piedi, la Lega ha sorpassato addirittura il Pd. Ha superato, cioè, il partito nato nel culto della tradizione meridionalistica; il partito oggi degli Emiliano (superato di 8 punti percentuali in Puglia) e dei De Luca (sotto di 2227 voti in Campania). Le percentuali della svolta meridionale di Salvini sono queste: M5s al 29,16%, Lega al 23,46 e Pd al 17,85. E tutto si spiega. La ragione politica. La Lega non teme più di mostrarsi come un partito di destra.

Nel Sud, già ai tempi del monarchico Achille Lauro (‘o Comandante, non il cantante) e poi in quelli del missino Almirante, la destra ha sempre raccolto un sacco di voti, e in alcune zone di Napoli, come nei popolari quartieri di Pendino e Porto, il Msi aveva sezioni con oltre duemila iscritti. Quei voti, successivamente catturati da Berlusconi e poi, in parte, da Di Maio, trovano ora una nuova casa, anzi due, perché oltre a quella salviniana c’è anche il multipiano di Fratelli d’Italia.  La ragione storica. Fino agli anni Ottanta, la sinistra berlingueriana credeva ancora in Lenin e in Cavour. Poi, però, con la crisi del comunismo non è caduto dal piedistallo solo il primo. Nel Sud, l’ex Pci ha cominciato a vacillare sul fronte “risorgimentale”: ha parlato sempre meno delle magnifiche sorti e progressive dell’unità nazionale, e sempre più di pensiero meridiano, di brigantaggio come anticipazione della lotta partigiana, di territori distinti da muri identitari, di due Italie divise da orgogli e pregiudizi. Nell’antileghismo di superficie di allora ha cominciato così ad albergare una cultura che ha spalancato le porte al leghismo di oggi.

Infine, la ragione emotiva. In un Sud disincantato che non crede più all’allineamento con il Nord, c’è una metafora che ricorre spesso. È quella dell’uva acerba. Non posso averla? Allora non mi piace. Proprio come fa la volpe nella favola d’Esopo. Il Sud non può avere quello che ha il Nord, e cioè scuole senza abbandoni, fermate con i bus, lavoro nelle fabbriche, e servizi civili per i cittadini? Allora cerca una via alternativa pur di arrivare al grappolo. In questo Sud che rischia di guardare all’Italia come l’Est all’Europa, con lo stesso sentimento di chi prima ha creduto in una strategia di sviluppo imitativa e ora è pronto a ripiegare su modelli territoriali, è assai probabile che si cerchino nuovi approdi politici. E se non ha funzionato neanche con i Cinque stelle, ecco Salvini. Già è lì pronto, in posa per un selfie.

Marco Demarco

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