‘Colpetto’ delle opposizioni ieri nella Commissione politiche Ue del Senato dove era prevista la discussione della legge di delegazione europea 2022/2023 che contiene anche l’ormai celebre articolo quattro, introdotto da emendamento del deputato di Azione Enrico Costa. Emendamento che, in ossequio alla presunzione d’innocenza, vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare nella fase delle indagini.

La mancata partecipazione del rappresentante del governo ha infatti determinato il rinvio dell’esame dei 59 emendamenti che inizierà quindi oggi. Tra questi, ci sono quelli che chiedono proprio la soppressione dell’articolo quattro, proposti dal Pd, a prima firma Filippo Sensi, dal M5s, a firma di Roberto Scarpinato, e da Avs, a firma Giuseppe De Cristofaro. Durissima a tal proposito la deputata e responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani: “Il governo sta facendo cose assurde, metteranno tantissimo in difficoltà i tribunali e le corti d’Appello. E chi ci rimetterà? I cittadini”. “Abbiamo già votato contro all’emendamento Costa, ora il governo sta ulteriormente modificando cancellando la possibilità della sintesi degli atti giudiziari: altro che bavaglio, qui andiamo oltre”, ha aggiunto Serracchiani.

Per protestare contro le nuove norme in queste settimane è forte la mobilitazione dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa. “Contro ogni bavaglio e in opposizione alla deriva in atto ormai da tempo tendente a comprimere la nostra attività e il diritto delle cittadine e dei cittadini ad una corretta informazione”, hanno scritto in un comunicato i giornalisti della Marche che per il 25 gennaio hanno organizzato un flash mob davanti alla prefettura di Ancona. “Basta all’attività legislativa corrente e degli ultimi tempi contro l’informazione, che di fatto rende sempre più complicato il nostro lavoro e contemporaneamente piccona l’articolo 21 della Costituzione”, hanno ricordato i giornalisti marchigiani.

Ed una manifestazione di protesta c’è stata ieri a Firenze, sempre davanti la sede della prefettura. Al termine della mobilitazione, il presidente dell’Associazione stampa Toscana, Sandro Bennucci, e il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, Giampaolo Marchini, hanno consegnato al prefetto di Firenze una lettera-appello indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella “affinché non firmi un provvedimento legislativo palesemente incostituzionale”. “Se la norma dovesse essere approvata anche in Senato – ricordano – ci troveremmo di fronte a un provvedimento che vuole imbavagliare l’informazione, limitando l’attività dei giornalisti ma soprattutto colpendo il diritto dei cittadini ad essere informati. Il testo approvato alla Camera costituisce una gravissima violazione dell’articolo 21 della Costituzione e va oltre la direttiva europea che non vieta in alcun modo la pubblicazione degli atti di indagine”.

“I giornalisti toscani – hanno poi fatto sapere – sono pronti a mobilitarsi con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare la dignità della professione ma soprattutto per ribadire il diritto dei cittadini ad avere una corretta informazione”. La norma come si ricorderà era stata approvata alla Camera il 19 dicembre scorso. Le modifiche riguardano in particolare l’articolo 114 del codice di procedura penale, con la previsione del divieto di pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Il timore dei giornalisti è quello di poter informare la collettività in modo completo solo dopo l’udienza preliminare, magari diversi mesi o anni dal presunto reato.

Il provvedimento si aggiunge alla riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza. “La Federazione nazionale della stampa e i giornalisti dichiarando che ‘è pericolosissimo che non si sappia se una persona viene arrestata o meno’ dimostrano di non aver neanche letto l’emendamento approvato, in cui non c’è nessun divieto di dare la notizia degli arresti, né di riportare il contenuto dell’atto”, ha replicato Costa. “Si vieta invece la riproduzione dell’atto processuale, spesso di centinaia di pagine zeppe di testi di intercettazioni, prima ancora che l’indagato abbia potuto difendersi”, ricorda Costa, aggiungendo che “anche altri esponenti della maggioranza difendono la norma, sostenendo che l’obiettivo è solo evitare la gogna mediatica”.