Leggendo l’appello della premier Giorgia Meloni a Papa Leone XIV, volto a continuare la collaborazione tra governo e Chiesa cattolica per uno sviluppo etico e al servizio dell’uomo dell’intelligenza artificiale, mi è tornato in mente un seminario di diversi anni fa che legava il pensiero di Sant’Agostino alla rivoluzione di internet. E per questo penso che il colloquio tra la Premier e il nuovo Pontefice, che tutti sappiamo di formazione e devozione Agostiniano, possa essere davvero significativo.

Per Agostino, sapere e conoscenza acquisivano valore solo se sedimentati nel tempo. La conoscenza, in particolare, era “tensione all’infinito” e comportava un sapere intellettuale profondo, affidato all’erudizione e alla trasmissione della conoscenza per apprendimento ed esperienza. Oggi in molti casi vale il contrario. Spesso i giovani affidano la loro sete di sapere e conoscere, in maniera immediata e compulsiva, agli algoritmi. La conoscenza ha sempre meno un valore concettuale di approfondimento e si presenta come risposta tecnica istantanea a un fabbisogno reattivo di sapere. La diffusione della conoscenza attraverso la possibilità di accesso immediato a internet e applicazioni IA ha consentito un processo crescente di democratizzazione del sapere che però, il più delle volte, non è coinciso con una crescita dei diritti e delle tutele.

L’IA è certamente uno straordinario abilitatore di apprendimento ma, d’altra parte, ha amplificato fenomeni di “analfabetismo funzionale”. Il rapporto tra conoscenza e manipolazione è diventato sempre più opaco e la sofisticazione delle fonti, tramite l’utilizzo strumentale degli algoritmi, ha generato spesso fenomeni di disinformazione globale, in cui consapevolezza e spirito critico sono stati sopraffatti da una sorta di assuefazione cognitiva. Per tale motivo occorre un presidio di “governance” dell’IA che, seguendo la bussola dell’etica, tenga in adeguata considerazione il bene dell’interesse pubblico. Un interesse, ad esempio, che sia orientato allo sviluppo culturale prima ancora che allo sviluppo tecnico. Dinnanzi al sapere a portata di chatbot, occorre recuperare il valore delle forme di conoscenza “mediata”. “Sapere qualcosa non equivale a comprenderla pienamente”. Si tratta di un assunto centrale nella filosofia di Sant’Agostino.

L’apprendimento esperienziale e per relazione rimane un potente e imprescindibile fattore evolutivo per il nostro modello di sviluppo sociale e culturale. Più si affrontano situazioni inedite e complesse, attraverso processi di approfondimento basati sulla profondità e sulla esperienza, più le nostre capacità cognitive crescono. Tra le eredità lasciateci dagli scritti di Sant’Agostino c’è il riconoscimento del valore della conoscenza, acquisita attraverso il fiume carsico dell’erudizione. Un processo di apprendimento lungo, faticoso, impegnativo, fondato su fasi progressive di discernimento e continuo approfondimento del sapere. La conoscenza superficiale, incentivata da algoritmi e applicazioni digitali sempre più pervasive soprattutto tra i giovani, in molte occasioni è fuorviante e ci preclude la via della comprensione profonda.

Filippo Salone

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