C’è un caso che più di altri sta aprendo enormi quesiti etici e filosofici sull’uso dell’Intelligenza Artificiale applicata alla medicina: è quello descritto recentemente in un episodio del podcast del New England Journal of Medicine AI Grand Rounds, in cui si affronta il caso reale di una paziente americana a cui è stata restituita la voce dopo un intervento chirurgico per resecare un emangioblastoma del tronco encefalico. Ebbene, con l’applicazione Voice Engine di Open AI è stato utilizzato un breve audio pre-esistente con la voce reale della giovane paziente per clonare la stessa. Ciò le ha permesso – attraverso un’app di sintesi vocale e un percorso di riabilitazione personalizzata – di riacquisire la funzione del linguaggio, con un enorme beneficio psicofisico e un netto miglioramento della qualità della vita.

Lo scenario

Questo caso ovviamente, se da un lato apre scenari fondamentali per la cura della persona e per il recupero di un’identità, dall’altro scaturisce preoccupazioni su potenziali abusi per un uso improprio nella creazione di contenuti fuorvianti. Pensiamo a cosa può significare captare pochi secondi di una voce e replicarla per finalità improprie. Proprio per questo gli autori del podcast sull’autorevole rivista scientifica americana esortano ricercatori, aziende, esperti di etica e politici a collaborare affinché questa nuova frontiera della medicina possa proseguire in sicurezza e nel pieno rispetto della gestione dei dati sensibili, della privacy, dell’identità vocale e degli aspetti etici.

La necessità di una regolamentazione

I problemi di voce colpiscono milioni di pazienti, e poter contare in sicurezza su una tecnologia disponibile è molto importante. Ancora una volta le enormi potenzialità dell’IA si scontrano con problemi etici altrettanto rilevanti: serve una regolamentazione sovrannazionale per gestire le nuove sfide se non si vuole avere un approccio luddista alle trasformazioni in corso.