È appena uscito in edicola il nuovo numero di Linkiesta Magazine, con gli articoli di The Big Ideas del New York Times, anche disponibile su Linkiesta Store. È una fase storica in cui obiettivamente c’è da avere paura. Di cosa? I diversi saggi e articoli, da Moses Naim a Robert Kagan a Paul Berman, da Christian Rocca a tanti scrittori e intellettuali italiani, cercano di individuare il filo rosso che collega la paura alla voglia di ribellarsi alla paura stessa. Al punto da spingerci a parlare di insurrezione.

Scrive Kagan (ed è importante nell’attuale contesto americano): «Per i pensatori illiberali che vogliono distruggere l’Anerica dei Padri fondatori, Trump è un veicolo imperfetto ma essenziale per fare la contorivoluzione». Sta davvero arrivando l’era delle insurrezioni? Scrive il direttore de Linkiesta Christian Rocca che lo scenario è «da tregenda e da fine della democrazia americana e del secolo di pace e prosperità che gli Stati Uniti hanno garantito in Europa e altrove. C’è rimasta a disposizione una sola possibilità per evitare l’American carnage, la carneficina trumpiana, ed è quella che il candidato democratico sconfigga alle urne questa manica di fanatici e di profittatori». Il rischio è grandissimo, avverte Kagan: «Per la prima volta dai tempi della Guerra civile, gli antiliberali hanno i mezzi per farlo.La conquista del Partito repubblicano da parte degli antiliberali dopo la vittoria delle elezioni primarie da parte di Trump nel 2016 minaccia la democrazia liberale americana in un modo che i Fondatori non avevano previsto e per contrastare il quale non avevano predisposto dei sistemi di difesa. Lo sviluppo del sistema bipartitico, che i Fondatori non avevano immaginato, ha avuto molte conseguenze positive. Ma si è anche rivelato la botola attraverso cui la tirannia può intrufolarsi nel sistema e distruggere la democrazia».

E tuttavia l’America resta il Grande Paese che regge il peso del mondo. La letteratura, per esempio. Il suo sguardo, il suo respiro gigantesco. Nota la scrittrice Annalisa De Simone: «Jonathan Franzen e Bret Easton Ellis. Nei loro ultimi romanzi, “Crossroads” e “Le schegge”, a partire da contesti e personaggi differenti emergono un’identica imponenza di respiro e la stessa attitudine a costruire tramite la scrittura un’epica della modernità. Poco importa se Ellis mette in scena un gruppo di diciassettenni californiani che nel 1981 frequentano la prestigiosa Buckley School, dove dall’esterno arriva il male, nella persona di un ragazzo tanto attraente quanto brutalmente perverso, e che Franzen, invece, narri di una famiglia americana nei tumultuosi anni Settanta per rintracciarne i sogni e le paure e per indagare, da questo passato, la fondazione dei nuovi miti pronti a investire il Paese».

Letteratura, già, che s’incrocia con l’odio, il fanatismo, la violenza. È Paul Berman a citare “Coltello”, l’ultimo libro di Salman Rushdie: «All’inizio, ho avuto l’impressione di avere a che fare con un picchiatore dal pugno formidabile. (Avrei poi scoperto che quell’uomo prendeva, in effetti, lezioni di boxe). Ora so che quel pugno brandiva un coltello. Il sangue ha cominciato a sgorgarmi dal collo. Mi sono accorto, cadendo, del liquido che mi imbrattava la camicia. A quel punto sono accadute diverse cose in rapida successione, ragion per cui non sono sicurissimo del loro ordine cronologico. C’è stata la ferita profonda alla mia mano sinistra, che ha reciso tutti i tendini e quasi tutti i nervi. Ho ricevuto almeno altre due profonde coltellate al collo – un fendente sul davanti e uno più sul lato destro – e uno in faccia, sempre nella parte destra. Se ora mi guardo il petto – scrive Rushdie – vedo una serie di ferite al centro, e due altri tagli in basso a destra; più giù, nella parte alta della coscia, un’altra lesione. E ho riportato danni anche al lato sinistro della bocca e all’attaccatura dei capelli. E poi c’è stata la coltellata all’occhio destro, l’affondo più crudele: la lama è penetrata fino al nervo ottico, e non c’è stata alcuna possibilità di salvarmi la vista. L’ho persa». È il mondo, oggi. Fa paura.