Adesso la domanda è: qualcuno avrà il coraggio di aprire quell’inchiesta sulla “Loggia Ungheria”? Non ci sono molte alternative, dopo che il giudice di Brescia ha assolto il pm milanese Paolo Storari, dicendo che aveva ragione lui e non i suoi superiori, il procuratore capo Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio, che quel fascicolo proprio non lo volevano aprire. Né per indagare per calunnia chi aveva nominato la loggia, né per verificare se esistesse quella sorta di cupola, composta di giudici, alti ufficiali e politici che avrebbero governato la magistratura italiana, di cui aveva parlato, in diverse deposizioni tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020, l’avvocato Piero Amara, legale esterno di Eni e coinvolto in diverse indagini, dalla Sicilia fino a Milano.

Ma soprattutto, e questo era un problema, il grande accusatore del processo Eni. Il giovane pm Storari, con la caparbietà tipica dell’allievo di Ilda Boccassini con cui aveva lavorato all’antimafia, riteneva che su quelle dichiarazioni comunque un fascicolo andasse aperto, o per inviare qualche informazione di garanzia alle persone i cui nomi erano stati fatti da Amara, oppure per incriminare l’avvocato esterno di Eni per calunnia. Esclusa comunque l’inerzia che rendeva immobili i due dirigenti dell’ufficio. Da un lato il procuratore Greco, che a suo parere non voleva correre il rischio che fosse in qualche modo intaccata l’attendibilità del testimone d’accusa del processo per corruzione in cui erano imputati i massimi vertici di Eni. Che saranno poi comunque assolti. Ma anche Laura Pedio, che era sua superiore ma anche colei che insieme a lui aveva raccolto quell’importante testimonianza. Anche lei pareva immobile, pietrificata. Da un calcolo di politica giudiziaria di Greco, cui era molto legata, o da una sua diversa valutazione rispetto alla rilevanza del contenuto di quei verbali? In ogni caso, perché tenerli nel cassetto?

Passa qualche mese, siamo all’aprile del 2020, e lo scalpitante Storari si confida con Alessandra Dolci, colei che ha assunto il ruolo di Ilda Boccassini dopo il suo pensionamento al vertice della Dda. Dolci, non è un segreto, è la compagna di Piercamillo Davigo e a lui lo indirizza, in quanto membro del Csm, per un consiglio. Gli incontri, nell’abitazione del ex membro del pool Mani Pulite, sono diversi, secondo il racconto dello stesso Storari ai magistrati di Brescia che lo avevano indagato per rivelazione di atti d’ufficio dopo che, alla fine degli incontri, aveva consegnato a Davigo una pendrive con i famosi verbali. Colui che all’epoca era ancora un membro del Csm, prima del contestato avvio verso la pensione, aveva rassicurato il giovane collega, garantendogli che non avrebbe commesso nessun reato, consegnandogli atti d’indagine segreti, perché è consentito ai componenti del Csm poterli ricevere. Pare che a nessuno dei due sia venuto il dubbio che questi comportamenti informali e disinvolti siano cosa diversa dalla procedura prevista dallo stesso Csm, che prevede di sottoporre il caso con plico riservato al comitato di presidenza. E non brevi manu a un singolo consigliere. Fatto sta che Storari –e la sua, chiamiamola ingenuità, è davvero sorprendente- si comporta come un qualunque studentello davanti al maestro e fa la sua consegna. E che dire del comportamento di colui che fu chiamato “dottor sottile”?

L’assoluzione di Paolo Storari da parte della stessa giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Brescia Federica Brugnara che ha rinviato a giudizio per lo stesso reato Piercamillo Davigo, dopo che lui aveva divulgato i verbali a una serie di personaggi, interni ed esterni al Csm, indica già il percorso mentale che porterà, tra due settimane, alla motivazione della sentenza. Ma sarà un tribunale a giudicare Davigo, il prossimo 20 aprile, e sappiamo che l’ex pm non manca di dialettica e di argomenti persuasivi. Del resto non è casuale il fatto che, mentre il suo “allievo” ha scelto, e con successo, il rito abbreviato, il “maestro” ha voluto un processo pubblico. Ma dovrà difendersi, a questo punto, non solo per aver diffuso, in una sorta di catena di Sant’Antonio che porterà quei verbali, forse tramite una segretaria, fino alle mani dell’unico, il consigliere Csm Nino Di Matteo che, al grido di “il re è nudo” farà esplodere lo scandalo. Il tribunale potrà anche contestargli, sotto forma di aggravante, il fatto di aver indotto Storari a ritenere che la consegna di atti segreti a un solo consigliere e per via informale equivalesse all’osservanza delle procedure previste dalle circolari del Csm. Proprio perché è probabile (lo sapremo con certezza dopo aver letto le motivazioni della sentenza) che Paolo Storari sia stato assolto a causa della sua non conoscenza delle regole interne al Csm e per essersi fidato di un collega di grande storia e competenza.

Ma è palese a questo punto una contraddizione non da poco, perché si apra davvero quel famoso fascicolo d’indagine sulla Loggia Ungheria. Perché, da un lato c’è il pm Storari che voleva iniziare l’indagine, e che ha avuto ragione sui suoi superiori che restavano inerti alle sue sollecitazioni. Ma è altrettanto pacifico che, sempre a Brescia, un giudice ha archiviato la posizione del procuratore Francesco Greco (oggi in pensione), ritenendo che non ci sia mai stata una sua volontà insabbiatrice della vicenda. E quindi che Storari avesse avuto torto. Se anche la posizione dell’aggiunta Laura Pedio, ancora aperta, dovesse concludersi con l’archiviazione, la contraddizione sarebbe clamorosa. Oltre a tutto sul futuro del pm, che, una volta assolto, può occupare a pieno titolo ancora il suo ufficio e continuare a svolgere il suo ruolo, pende ancora una procedura del Csm per trasferimento per incompatibilità ambientale. Anche se era stata già bocciata la proposta del procuratore generale presso la Cassazione Giovanni Salvi di allontanamento in via cautelare. E se la quasi totalità dei sostituti milanesi era insorta in suo favore e contro il procuratore Greco.

Qualcuno dovrà ben scioglierla, la contraddizione. Almeno per due motivi. Il primo è che l’intero Paese ha il diritto di sapere se in Italia, oltre al Sistema così ben descritto da Sallusti e Palamara, c’era anche una cupola segreta che orientava i processi e tutta quanta la politica (giudiziaria, ma non solo) italiana. L’altro motivo, apparentemente più circoscritto ma non meno importante, ha a che fare con il processo Eni. Che intanto non è finito perché, con quella procedura che nel nostro ordinamento consente al pm di ricorrere in giudizio contro gli imputati già assolti in primo grado, ci sarà un appello. Che oltre a tutto si aprirà già avendo alle spalle un bel fardello di polemiche, dopo che la procuratrice generale di Milano Francesca Nanni ha nominato come pg d’aula Celestina Gravina invece del pm del primo grado Fabio De Pasquale, che lo aveva richiesto. E già risuonano le campane del Fatto quotidiano che con sarcasmo nei giorni scorsi titolava con un certo anticipo sui tempi: “Appello Eni-Nigeria: a Milano si accettano scommesse sul finale”.

La rilevanza del processo Eni è dovuta al fatto che ruota ancora intorno ai due testi d’accusa, Amara e Armanna. Il sospetto è che –Storari lo ha detto esplicitamente nelle sue deposizioni a Brescia- non solo i due pm d’aula De Pasquale e Spadaro, oggi indagati per rifiuto di atti d’ufficio, ma anche lo stesso Francesco Greco, avessero impegnato una grossa scommessa sulla fine di quel processo con le condanne. E di conseguenza non gradissero interferenze di nessun genere sulla genuinità delle deposizioni e sull’integrità dei personaggi. Non disturbate il manovratore, insomma. E non si deve mai dimenticare il fatto che, quando si tentò di dare credibilità a vociferazioni del solito Amara sulla possibilità che il presidente del tribunale che stava celebrando il processo, Marco Tremolada, fosse “avvicinabile” dagli avvocati Diodà e Severino che difendevano i vertici Eni, era stato lo stesso Greco a precipitarsi a inviare gli atti a Brescia. In quel caso l’avvocato Amara era stato ritenuto credibile? E sulla cupola segreta che condizionava tutti i processi?

Avatar photo

Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.