La sentenza che ribalta tutto
Luciano Mottola assolto, fine del calvario per l’ex sindaco: cade il dogma “tutto è camorra a Melito”

Denuncia irregolarità, subisce il ‘furto’ dei consiglieri, promette campetti di calcio nel rione popolare e finisce in carcere. Quindici mesi dopo Luciano Mottola è assolto nel processo in abbreviato. Il fatto non sussiste. Fine del calvario per l’ex sindaco di Melito (nonché giornalista) finito nel solito tritacarne mediatico (massacrato dai suoi stessi colleghi) per una inchiesta della procura di Napoli sul presunto scambio elettorale politico mafioso che nell’aprile del 2023 ha portato la Dia ad eseguire un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 17 persone. L’indagine era relativa alle elezioni che nell’ottobre 2021 videro Mottola trionfare al ballottaggio.
Oggi, 25 luglio, Mottola, che è stato quasi un mese in carcere e altri sette agli arresti domiciliari (poi annullati dal Riesame nel dicembre 2023), è stato assolto con formula piena dal giudice del Tribunale di Napoli Fabio Lombardo nell’ambito del processo in abbreviato. Festeggia nel migliore dei modi i suoi 40 anni, che ricadono proprio il 25 luglio. A difendere Mottola gli avvocati Alfonso Quarto e, il cugino omonimo, Luciano Mottola.
Assoluzione Mottola, la procura aveva chiesto 10 anni…
Una mazzata per la procura di Napoli, che aveva chiesto 17 condanne e 10 anni di reclusione per Mottola, e per le associazioni anticamorra che subito si erano spese per rimuovere il sindaco e sciogliere il comune di Melito dove da anni vige il dogma che “tutto è camorra”. Più che dimezzate le richieste dei pm partenopei Giuliano Caputo e Lucio Giugliano nell’inchiesta condotta sotto il coordinamento, all’epoca, della reggente Rosa Volpe.
Il giudice ha condannato a 10 anni di reclusione Giuseppe Siviero, 8 anni e 8 mesi a Francesco Siviero, 8 anni e 8 mesi a Francesco Della Gaggia, 8 anni e 4 mesi a Luciano De Luca, 8 anni a Salvatore Chiariello e Vincenzo Marrone (padre del candidato sindaco Nunzio Marrone, sconfitto al primo turno), 8 anni ad Antonio De Stafano, Edoardo Napoletano, Luigi Tutino, 5 anni e 4 mesi ad Antonio Cuozzo e Luigi Ruggiero, 4 anni e 8 mesi a Marco Ascione, 2 anni e 8 mesi per Emilio Rostan (padre dell’ex deputata Michela, assolto dall’accusa di scambio elettorale politico mafioso), un anno e 8 mesi a Rosario Martinelli.
Assolto anche Rocco Marrone (la Procura aveva chiesto 12 anni per l’ex presidente del consiglio comunale). Dopo le motivazioni della sentenza, pubblicate nei prossimi mesi, sia la Procura che le persone condannate potranno presentare appello. Ricorso che già annunciano Alfredo Capuano e Umberto de Basso de Caro, legali di Emilio Rostan, assolto come detto dall’accusa principale (scambio elettorale politico-mafioso) e condannato a poco meno di tre anni per un episodio di corruzione, a due anni e otto mesi di reclusione. Per Rostan la Dda di Napoli aveva chiesto 13 anni di reclusione.
Inchiesta Melito, tutto quello che non torna
Sul Riformista, poco dopo l’arresto di Mottola, abbiamo ripercorso la vicenda giudiziaria, ordinanza alla mano, rilevando tutte le incongruenze presenti, dove la camorra, e nello specifico i reduci del clan Amato-Pagano (fortemente ridimensionato nell’ultimo decennio da centinaia di arresti), punta, ‘forte’ dei circa 150-200 voti che millanta di avere a disposizione sui quasi 7mila che hanno decretato l’ultima vittoria di Mottola, sull’aspirante sindaco sbagliato, che perde al primo turno e non arriva al ballottaggio.
Poco importa se alcuni esponenti della coalizione perdente decidono di appoggiare al ballottaggio il candidato sindaco che già aveva preso più voti di tutti al primo turno e, per di più, appartiene allo stesso schieramento politico (quello di centrodestra). Poco importa perché, secondo i dogmi giudiziari, il sindaco di Melito “è eletto grazie alla camorra” e la democrazia, nel comune a nord di Napoli di circa 38mila abitanti, è sospesa da anni perché “tu lo sai, quello non ci vuole niente a cadere… tu lo sai come si cade no? Basta che abbuscano due di loro”.
Un caso ancora più singolare perché Mottola, così come emerge dall’ordinanza firmata dal Gip Isabella Isaselli, si presenta dai carabinieri della Compagnia di Marano ben due volte nelle settimane che precedono il voto. Una prima il 23 luglio e una seconda l’8 settembre. Nelle denunce Mottola fa riferimento alle pressioni esercitate dal clan nei confronti di alcuni elettori residenti nel rione di edilizia popolare 219. Fornisce nomi di aspiranti consiglieri, appartenenti alla coalizione del candidato sindaco Nunzio Marrone (non indagato perché l’appoggio della malavita lo avrebbe ottenuto il padre a sua insaputa) e che frequentano bar e zone di “competenza” della criminalità organizzata. “I camorristi lo sapete dove stanno” facendo riferimento al rione 219 ritenuto sotto il controllo del clan guidato, secondo gli investigatori, da Salvatore Chiariello (all’epoca dei fatti contestati latitante), Vincenzo Nappi (ammazzato in un agguato nel gennaio 2023) e Giuseppe Siviero.
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