L’antisemitismo non è un’allucinazione, e l’attacco a Washington dimostra che gli allarmi non sono ingiustificati. L’allerta ora è altissima, ma Walker Meghnagi teme che sia troppo tardi: «Il terribile gesto americano potrebbe essere imitato anche in Italia». Non a caso il presidente della comunità ebraica di Milano punta il dito contro la sinistra e gli intellettuali nostrani che recitano la pericolosa retorica pro-Pal.

Ancora un attentato, ancora gli israeliani nel mirino. L’allarme è stato sottovalutato?
«Sicuramente non è stato sottovalutato da noi, siamo sempre stati in prima linea nel denunciare anche quando venivamo accusati di creare allarmismo. Purtroppo i fatti gravissimi che sono accaduti ci stanno dando ragione. Solo qualche giorno fa mi sono appellato a tutti i candidati alle amministrative. Devo riconoscere che il governo italiano e il ministero degli Interni sono stati estremamente sensibili a tutte le nostre sollecitazioni, quindi da questo punto di vista ci sentiamo tranquilli e ascoltati. Ma il clima generale è tossico».

Il ministro Sa’ar ha puntato il dito anche contro i leader europei…
«Sicuramente si è creato un clima terribile, alimentato da alcuni governi europei e da alcuni settori della politica italiana che hanno strumentalmente utilizzato le vicende di una guerra drammatica (che Israele non ha voluto) per dare addosso a tutti gli israeliani, a tutti gli ebrei, a tutte le comunità ebraiche senza distinzione. Da questo punto di vista c’è una grave responsabilità non certo penale, ma sicuramente culturale e morale. Mi auguro che questa terribile vicenda di terrorismo induca alcune forze politiche a essere più responsabili».

Il killer urlava «Free Palestine». La sorprende?
«Assolutamente no. “Free Palestine” è una forma politically correct sdoganata da certe élite per dire “Allahu Akbar” o “a morte gli ebrei”. È un brand che legittima qualsiasi presa di posizione più crudele e violenta. È diventata una forma d’odio alimentato dai salotti radical chic».

In effetti gli slogan pro-Pal spesso sono il pretesto per bersagliare lo Stato ebraico. In Italia si respira un clima pessimo, specialmente nelle università e nelle piazze…
«L’Italia fino a qualche anno fa era un Paese dove il pregiudizio antisemita era diffuso, ma sicuramente meno rispetto ad altri Paesi come Francia o Spagna. Adesso ci avviciniamo rapidamente a quei livelli. Mi hanno profondamente indignato i fatti accaduti all’Università di Torino e il cartello antisemita esposto da una negoziante di Milano. Penso che gli eccessi dei pro-Pal siano stati sottovalutati, e quello che mi fa più paura è che il terribile gesto americano possa essere imitato anche in Italia e in Europa».

Teme che prima o poi la situazione possa sfuggire di mano?
«Parlando dell’Italia mi auguro di no. Abbiamo una “Human intelligence” delle nostre forze dell’ordine che rappresentano un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Ma loro non possono risolvere tutto: esiste un problema di clima culturale, avvelenato da alcuni soggetti politici e intellettuali che hanno rimestato nel torbido».

A sinistra c’è ancora troppa ambiguità…
«A sinistra si è fatto di tutta l’erba un fascio: episodi di antisemitismo e di minacce agli ebrei sono all’ordine del giorno. Mi auguro che la sinistra tragga una lezione da quanto accaduto in America e cambi atteggiamento, e che sia più onesta intellettualmente e meno linguisticamente violenta».

Nel mirino è finita di nuovo Liliana Segre, con un cartello che recitava: «Come puoi non urlare contro il genocidio?». E si parla ancora di «pulizia etnica» a Gaza. Anche la mistificazione delle parole è un gioco pericolosissimo?
«Il fatto che nel mirino di minacce, aggressioni e attacchi sia finita la senatrice Liliana Segre – che è stata vittima della persecuzione antiebraica, internata nei campi di concentramento – dimostra che l’odio cieco aizzato da certi ambienti intellettuali e politici non conosce colori, non distingue, è totalmente irrazionale. Sicuramente Hamas si è dimostrata più abile nel gestire la “guerra del linguaggio” e nell’adottare slogan vuoti di significato come “pulizia etnica” e “genocidio”. Come avevo purtroppo previsto, l’aggressione a Segre e le continue minacce verso i valori che rappresenta erano solo il preludio a una violenza generalizzata, che adesso purtroppo è culminata nel terrorismo e che mette in serio pericolo le comunità ebraiche di tutto l’Occidente».