Non è scandaloso, anzi è del tutto armonico, che un partito legittimamente antiliberale candidi un proibizionista in argomento di droga. Ma il fatto che la candidatura di Carlo Nordio da parte di Fratelli d’Italia si segnali oltretutto per ambizioni ministeriali obbliga a qualche urgente considerazione. Non solo quel partito, infatti, ma nemmeno chi, come Nordio, ha deciso di militarvi con tanta prospettiva, può ignorare che l’incivile situazione del nostro sistema penal-carcerario, a cominciare dal sempre deprecato e mai fattivamente affrontato problema del sovraffollamento, dipende in notevolissima misura dal persistere dei due bastioni del proibizionismo italiano: quello costituito dalle leggi sull’immigrazione clandestina e quello rappresentato, appunto, dalle normative proibizioniste sugli stupefacenti.

E’ anche possibile sorvolare sull’inadeguatezza tecnico-politica di cui offre prova Carlo Nordio – lo diciamo con tutto il rispetto dovuto a una persona stimabilissima – quando argomenta, come ha fatto ieri in un’intervista rilasciata al quotidiano Libero, che l’impostazione proibizionista sarebbe giustificata dal nocumento arrecato alle persone dall’uso delle droghe: un’impostazione che soffre di qualche incoerenza alla luce delle statistiche sui morti e sugli invalidati dall’alcol e dal tabacco. Per non dire del principio liberale – comprensibilmente estraneo alle sensibilità di un partito, si ripete, legittimamente quanto indiscutibilmente antiliberale – per cui non sta al potere pubblico di comandare su base salutista i comportamenti individuali.

Il problema, se questi altri fossero trascurabili, è un altro: e cioè che il regime proibizionista sulle droghe, come quello sull’immigrazione, in modo inutile e ingiusto affolla di povera gente le nostre carceri. E’ un sistema letteralmente criminale, un sistema di forsennata e inefficace intransigenza ideologica che mentre non risolve il problema che vorrebbe affrontare – quello dell’uso degli stupefacenti, come quello dell’immigrazione – ne determina uno ulteriore, vale a dire l’oscena condizione delle carceri: questi campi di contenimento di urgenze sociali ben altrimenti gestibili, demagogicamente finanziati dalla coppia retorica del “No a tutte le droghe” e del “Prima gli italiani”.

Riguardati o rinnegati da destra o da sinistra, i problemi restano quelli: non l’immigrazione clandestina, ma ciò che la rende tale, cioè una legge sbagliata; non la droga, ma la legge a sua volta sbagliata che pretende di arginarne la diffusione con presidio protezionista. Piacerebbe che i liberali, per quanto acquisiti in ambito illiberale, ne fossero consapevoli.